Caro lettore… benvenuto o, se hai già letto qualche mio scritto, bentornato!
Cavolo erano anni che sognavo di dirlo! Bene, bando alle chiacchiere, eccomi di nuovo a provare a dire la mia su questo nostro micro mondo.
Stavolta vorrei provare a raccontare e anche a spiegare, dal mio modesto punto di vista, alcune cose che ci riguardano. Per fare questo ho deciso, in modo del tutto arbitrario, di associare ogni lettera dell’alfabeto ad un argomento diverso. Ovviamente le scelte non saranno condivise da tutti, ci sarà naturalmente chi obbietterà sugli argomenti che assocerò alle lettere, ma la rubrica è mia… quindi decido io!
Scherzi a parte, se avete un idea diversa scriveteci, oppure considerate l’eventualità di iniziare a collaborare con noi! I contributi sono sempre bene accetti!
Tagliamo corto e partiamo, ci aspetta la padrona dell’alfabeto, l’alfa, il punto e linea, l’inizio….
A…. Attacco
In un gioco dove l’obbiettivo è vincere e per fare questo bisogna surclassare le agguerrite e ormai tatticamente preparate difese avversarie, credo che sia inevitabile iniziare da quello che è la base e l’unico mezzo per fare goal: l’attacco.
Prima ancora di considerare i giocatori dell’età moderna, se ci guardiamo indietro e scorriamo l’albo d’oro dei mondiali, partendo dal 1970, troviamo fior di giocatori che hanno fatto del gioco spregiudicato e votato all’attacco, il loro mantra.
Nomi importanti per noi “giocatori di vecchia data”. Nomi che fanno ancora tremare i polsi. Nomi che, in alcuni casi, vengono pronunciati con la speranza di vederli entrare, ancora una volta, in sala, con le loro miniature. Piccaluga, Hoffman, Guimarães, Delogne, per citarne alcuni.
O chi ancora ci delizia con giocate d’alta scuola come Bolognino, Intra, Nastasi, De Francesco, Frignani…. Giocatori di esperienza certo ma anche dotati di classe cristallina.
Quella stessa classe che oggi troviamo negli spagnoli Noguera e Flores, nel greco Beis, o nei nostri Colangelo, Luca Zambello, Mato Ciccarelli. Tutti giocatori che hanno un passo diverso dagli altri. Sembra, semplicemente, che giochino a qualcosa d’altro rispetto a quello che facciamo noi.
Certo tutti abbiamo l’ambizione, a volte giustificata a volte meno, di voler arrivare in alto. Là dove sono arrivati loro. Come? Ovviamente vincendo! Il torneo importante, il campionato, la Champions, i Mondiali…
Da piccoli immaginavamo di portare la nostra squadra del cuore sul tetto del mondo, di essere fotografati con la coppa dorata in mano, applauditi da tutti, sul gradino più alto del podio. Crescendo, la maggior parte di noi, ha scoperto che è stato solo un bel sogno.
Ma cosa ci differenzia dai grandi giocatori? Certo la predisposizione incide eccome. Ma una componente importante è la mentalità. La mentalità d’attacco. Quella che fa inventare la giocata strana, il colpo impensabile, l’uno due al volo che aggira la difesa. Questo fa la differenza.
Alcuni giocatori che hanno fatto della difesa il loro punto di forza, sicuramente sono definibili top player, ma nulla possono contro i giocatori d’attacco. Magari riusciranno a resistere 27/28 minuti ma poi cederanno. Magari perderanno “solamente” 1 a 0 o 2 a 1 e qualcuno gli dirà anche bravo perché ha evitato la goleada. Ma alla fine, quello che conta, quello che resterà sui referti, quello che permetterà di andare avanti nel torneo o di alzare l’ambito trofeo, non sarà la capacità di aver preso pochi goal ma al contrario di averne fatto uno in più dell’avversario.
Quindi, per finire, un paio di consigli.
Primo. Dimenticatevi del catenaccio. In questo gioco vince chi segna.
Secondo. Voi, i vostri figli o gli under che avete nel club, guardate giocare i grandi giocatori. Non solo per la tecnica ma, soprattutto, per la voglia e la determinazione nel voler fare sempre un goal in più!
A venerdì con la lettera B!