Abbiamo incontrato Stefano Torre, presidente del Piacenza Calcio Subbuteo Club, famosissimo per la sua candidatura a Sindaco di Piacenza di qualche anno fa e primo vincitore del campionato provinciale piacentino di subbuteo giocato nel 1987.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci come ha scoperto il subbuteo e ci ha accontentato!
La mia prima Partita di Subbuteo Zaire contro Falkirk, ovvero Italia contro Brasile!
Gioco a Subbuteo dal 1975, quando con un blitz nel negozio di giocattoli sotto casa, io e mio fratello Cecco comprammo due squadre ed i palloni.
Avevamo risparmiato di nascosto i soldi, abbastanza per le squadre, ma pochi per comperare anche il campo.
Poco male, avremmo giocato sulla moquette della mia stanza da letto con il campo delimitato in qualche modo e le porte costruite alla bell’è meglio, esattamente come nelle partite a calcio con i nostri amici nelle quali le righe del campo non c’erano e le porte erano fatte con i maglioni.
L’intenzione era quella di comperare l’Italia ed il Brasile. Fu mio fratello, allora di otto anni, ad uscire di casa per fare l’acquisto. Io rimasi in fervente attesa a casa. Avevamo desiderato quelle squadre per mesi, osservandole sul catalogo ed immaginando quanto bello sarebbe stato averle, toccarle, e soprattutto, giocarci.
In negozio però non c’erano né l’una né l’altra ed il negoziante era un consumato venditore. Aggiungete il fatto che mio fratello, come me del resto a quell’epoca, eravamo bambini completamente sprovveduti, e così Cecco tornò a casa con lo Zaire ed il Falkirk.
Probabilmente vi immaginerete la mia delusione nel vedere quelle squadre e non l’Italia, non il Brasile, e per quanto vi sforziate di pensarlo grande, vi assicuro che il mio sconforto fu peggiore.
La prima era la nazionale di calcio più scarsa del mondo, reduce dai mondiali di Monaco nei quali aveva perso 9 a 0 dalla Jugoslavia, e la seconda era una squadra di seconda divisione scozzese, il che era anche peggio. Soprattutto erano una nazionale ed una squadra di club impossibili da far giocare assieme, a meno di non andare contro natura!
Lo Zaire aveva la maglia verde ed i calzoncini gialli, il Falkirk aveva maglia e calzettoni di un blu talmente scuro da sembrare nero.
In fondo non erano poi così tanto diversi da quello che avrebbero dovuto essere; il Brasile aveva la maglia Gialla, e l’Italia era blu, un po’ più chiaro va bè, ma pur sempre blu.
Bastava un piccolissimo sforzo di fantasia …, cosa che non mancava né a me né a mio fratello, ed ecco che Italia e Brasile scendevano in campo per replicare la mitica finale dei mondiali del 1970, della quale avevamo solo sentito parlare, ma che ora potevamo toccare con mano da protagonisti!
La prima partita fu seguita da molte altre, appena tornati da scuola si improvvisava il campo sul pavimento e lo stadio Azteca prendeva vita. Non sapevamo le regole del gioco e le avevamo improvvisate. All’inizio facevamo un tiro a testa e tiravamo in porta anche dalla difesa. Poi un compagno di scuola mi spiegò le regole vere che furono introdotte pure in casa nostra, dove nel frattempo erano arrivare anche le porte.
Il campo di gioco, che era un investimento decisamente cospicuo per due bambini, arrivò dopo parecchio tempo, quando già un paio di omini del Falkirk erano stati rotti e riparati malamente, usando il fuoco, che aveva sciolto loro le gambe.
Ma anche se di bassa statura, Riva e Domenghini giocavano alla grande e segnavano reti stupende!
Lo Zaire è ancora una delle mie squadre; verso la fine degli anni 80 lo ho rinfrescato con smalti e pennello, ed è la squadra che più amo. Il Falfrik invece è andato poco per volta distrutto, ma è stato ricomprato, anche lui verso la fine degli anni 80, ed ora veste i panni della Scozia.
Grazie Stefano, è sempre affascinante conoscere come ognuno di noi ha scoperto questo incredibile gioco!
Sempre forza Zaire e Falkirk, dunque!!