Qualche giorno fa mi sono imbattuto in una struttura costruita per l’esame scolastico finale da un ragazzo di terza media, Filippo Parma.
Vedere ciò che ha usato per creare la struttura mi ha colpito molto sia per l’ingegno, sia perché nella mia mente l’ho subito vista in chiave “subbuteo” contestualizzando il plastico nella nostra realtà.
Il “modello” riproduce un campo da calcio con le luci per illuminarlo alimentate da una pala eolica. Anche le casa vicine, quindi, immagino siano alimentate dalla stessa pale essendo la produzione di energia della pala decisamente superiore a quanto richiesto dall’illuminazione del campo.
Proprio da qui parte la mia riflessione. Il progetto di Filippo, quattordici anni, tanto profondo e attento e noi che siamo “subbuteisti”, giocatori adulti che si divertono nel lanciare miniature su un campo cercando di colpire la pallina e quindi realizzare un gol. Un gioco spensierato che serve a lasciarsi alle spalle un po’ di stress della vita quotidiana.
Il progetto di Filippo, però, invita a riflettere su ciò che siamo, adolescenti per un giorno quando giochiamo, e ciò che invece dovremmo essere nei nostri club, educatori e formatori.
Il subbuteo, o calciotavolo che dir si voglia, prima del lock-down, non stava vivendo un momento di floridità in termini di partecipazione e diffusione. Purtroppo troppe associazioni si stavano arroccando sulla posizione di “adolescente per un giorno” facendo finta di non sapere che per dare un futuro al gioco abbiamo necessità di crescere definitivamente e diventare educatori e formatori sempre.
Questo periodo di pausa dovrebbe essere sfruttato per definire progetti a medio termine, misurabili, con la messa in campo di politiche di sviluppo, nuove idee e, perché no, modifiche dei regolamenti per portare le associazioni ad essere quello che dovrebbero essere: associazioni, appunto, con il fine statutario di promuovere e sviluppare il gioco del calciotavolo.
Oggi potremmo avere a disposizione le migliori soluzioni, partnership e collaborazioni, ma ancora ci ostiniamo a voler solo giocare, giocare e giocare. La parte egoistica di noi prende il sopravvento quando troviamo un campo di gioco ed il profumo inconfondibile dei “lucidi” per la basi, i panni e il materiale ci inebria.
Proviamo per un attimo a tornare ai nostri 14 anni, quando cioè iniziavamo a giocare e girare per tornei. Ovviamente si parlava ancora di Subbuteo monomarca, si parlava della famiglia Parodi e dei vari prestigiosi tornei da loro organizzati.
Ebbene trovatemi una foto dove schiere di quaranta/cinquantenni occupavano le sale di gioco non lasciando spazio a noi dell’epoca che bramavamo dalla voglia di giocare, divertirci e condividere questa passione.
Proprio noi dobbiamo essere capaci di far ripartire il volano del calciotavolo, farlo conoscere ai ragazzi più giovani, fargli gustare l’emozione di un gol, di una vittoria come insegnargli a gestire una sconfitta. Siamo noi i veterani, gli istruttori, gli educatori ed i modelli che dovremmo essere per poter dare un futuro al nostro gioco.
Se non vinceremo questa sfida e non riusciremo a capire che dopo di noi ci sarà il nulla, allora abbiamo già perso. Delegare sempre ad una dirigenza nazionale o a poche associazioni che fanno davvero promozione il lavoro di trovare e formare nuovi giocatori non ci proteggerà da una inevitabile fine.
Sono anche certo, però, che tutti insieme potremmo davvero dare nuova linfa al subbuteo e lasciando spazio ai giovani rendendoli protagonisti di questo gioco e riportandolo nella giusta dimensione.
Noi potremo sempre fare qualche circuito dedicato, esclusivo, ma il grande palcoscenico dovrà essere sempre tutto under.
Insieme ce la possiamo fare. Insieme possiamo tornare a crescere!
Grazie Filippo!