Capitolo 5
Chi me l’ha fatto fare? Questa è una di quelle domande che Ferruccio si pone un giorno sì e uno no.
Aveva già avuto un esperienza da dirigente nel suo club e quando aveva dato le dimissioni, gli era sembrato di essersi liberato di un peso che gravava sulle sue spalle e su quelle della sua famiglia. Riunioni, telefonate, mail, messaggi, decisioni da prendere, discussioni infinte perché c’è sempre quello scontento, il bastian contrario o quello che dice che è tutto sbagliato.
Un club di una trentina di persone con tante anime diverse al suo interno e un attività agonistica da continuare a portare avanti, da esterno, da accompagnatore, perché lui non è mai stato un fuoriclasse ma solo un gran appassionato. Quindi mai convocato in prima squadra ma sempre presente al fianco dei suoi compagni a soffrire o gioire.
Nel momento stesso in cui il candidato alla presidenza della Fisct lo aveva chiamato proponendogli di gestire la parte sportiva dell’associazione, a lui era venuta una strana febbriciattola di quelle che non hanno valore significativo, quelle due lineette che speravi ti salvassero dal compito in classe ma che la mamma ti faceva smaltire solo sollevando con grazia la ciabatta per farti comprendere appieno l’importanza di non perdere giorni di scuola.
La moglie, non ancora al corrente della proposta ricevuta da Ferruccio, ma degna figlia di sua madre, si era dunque messa sul chi vive ed aveva iniziato a guardarlo con sospetto, chiedendogli se andava tutto bene. Per un giorno intero Ferruccio era riuscito a mascherare il suo disagio poi, come un gatto beccato col topolino in bocca, era crollato confessando alla moglie che l’avevano contattato per un incarico di grandissima responsabilità e che solo lui poteva risollevare le sorti del micro mondo legato agli omini basculanti. La serietà del suo volto era degna del miglior Franco Nero.
Sua moglie, per dodici secondi netti, gli aveva anche creduto poi aveva allargato le braccia e sospirando stava per intimargli di piantarla con le sceneggiate, ma ad un tratto era riuscita a vedere un luccichio negli occhi del consorte. Da anni conosceva ed assecondava l’amore di Ferruccio per il Subbuteo e si era in parte rassegnata ad assecondarlo nella sua passione. Aveva però visto quanti problemi erano arrivati con l’incarico di consigliere nel suo club, problemi che l’avevano convinta a chiedergli di passare la patata bollente a qualcun altro, quindi ora sapere che stava per cimentarsi in un’attività che coinvolgeva oltre mille persone sparse in tutta Italia, l’avevano subito messa in allarme. Ma la luce negli occhi del marito e la grinta e la determinazione nello spiegarle cosa aveva in testa di modificare, una volta eletto, erano ostacoli difficili da superare.
Così Ferruccio si ritrovò alla guida del dipartimento sport della Fisct. Un’incarico sicuramente impegnativo e ricco di mal di testa che, come unico lato positivo, iniziava con le dimissioni dal consiglio direttivo del suo club. Da quel momento, per diversi mesi, ci furono riunioni su riunioni discussioni, telefonate fiume con presidenti di club o con i suoi compagni d’avventura del nuovo direttivo federale. Mesi di ragionamenti e di simulazioni di tornei, di campionati, di promozioni retrocessioni play-off e play-out, ovviamente dovendosi occupare del proprio lavoro, della famiglia e senza tralasciare l’attività di club.
Ogni tanto la moglie, nel difenderlo dagli immancabili attacchi dei cosiddetti scontenti cronici, gli ricordava che non percepiva denaro per quella mole di lavoro e che quindi poteva sentirsi più che legittimato a mandare qualcuno a quel paese. Ferruccio però non accettava quel tipo di motivazione per giustificarsi. Alla fine nessuno lo aveva costretto ad accettare e se non l’avesse fatto lui ci sarebbe stato comunque qualcun altro al suo posto. Inoltre, quando si prende un impegno, non ci si può sempre trincerare dietro la mancanza di un compenso per giustificarsi nel caso di eventuali errori commessi, ovviamente, in piena buona fede.
Ferruccio aveva iniziato quattro mesi prima ad organizzare i Campionati Italiani a Chianciano Terme. Giornate intere passate a decidere cosa fare e come, a delineare il tabellone con gli accoppiamenti e gli arbitraggi, a contattare chi si sarebbe occupato dei premi o chi si doveva adoperare per avere un minimo di risonanza mediatica, senza dimenticarsi naturalmente, di chi doveva gestire tutta la parte di logistica e allestimento. Insomma, per dirla in breve, un lavoraccio. Certo arrivare in terra senese ed essere accolti, fuori dall’autostrada, dai tabelloni 6 metri per 3 con in bella vista gli omini ed il logo Fisct, era una bella soddisfazione. Così come scambiare due chiacchiere con quel giornalista così curioso e così determinato a divulgare il nostro gioco/sport in lungo e in largo. Ed anche trovarsi davanti uno spettatore totalmente ignaro di ciò che si stava facendo dentro il palazzetto e non poter dare spiegazioni troppo approfondite perché c’è il turno da chiamare.
Però indicare ad entrambi il campo numero 8 come la miglior partita da guardare, risulterà una felice intuizione. Conosce i due giocatori che si stanno per scontrare, sa che sono compagni di club, discreti giocatori ma, prima di tutto, grandi amici. Tre… due… uno… gioco!
Ferruccio posa il microfono ed inizia a gironzolare in mezzo ai campi osservando i sedici giocatori in lotta per il gradino più alto del podio. Sul centrale si affrontano il campione in carica ed il fresco vincitore della Coppa Italia. Partita tesa e combattuta dove anche l’arbitro ha il suo bel da fare. A metà del primo tempo si ritrova davanti al campo di Sandrino e Gian, giusto in tempo per vedere in prima persona un gesto di fair play da parte di Sandro ricambiato dopo poco, con lo stesso metro, da Gianni che si ritrova però sotto di un goal.
Bello vedere il giovane Rocco fare capolino dietro al giornalista così come vedere, a circa un minuto dalla fine del primo tempo, l’azione del goal del pareggio di Gianni, il cinque dato dall’amico avversario e l’applauso dello spettatore talmente entusiasta dal richiamare l’attenzione dei presenti.
Ferruccio si avvicina al tavolo dell’organizzazione, prende il microfono e urla lo stop. A questo punto non riesce a trattenersi e, con una punta di orgoglio, decide di far diventare quel campo al pari del centrale. “Invito il pubblico presente ad avvicinarsi al tavolo numero 8 per assaporare quella che dovrebbe essere l’essenza del nostro gioco. Azioni spettacolari, fatte nel totale rispetto dell’avversario, dell’arbitro e dei presenti”.
Naturalmente la sua era più una speranza che una certezza, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che era quella la partita da guardare e che poteva addirittura diventare un bello spot per il nostro amato Subbuteo. Ci siamo. Bisogna dare il via al secondo tempo. Tutto pronto. Partiti. La seconda frazione, quasi a voler smentire Ferruccio, è decisamente meno scoppiettante della prima ma, grazie alle giocate al volo di Gian e alle parate strepitose di Sandro, il pubblico non si annoia di certo.
Arriviamo quindi all’undicesimo minuto e si verifica un’azione complicata. L’arbitro chiama immediatamente lo stop dei cronometri ed inizia a guardarsi intorno alla ricerca di un Capo Arbitro che gli possa togliere il dubbio che lo ha portato ad interrompere la partita. Ferruccio è lì accanto e, ovviamente, si presta subito alla risoluzione del problema. Con molta attenzione si fa raccontare dall’arbitro la situazione di gioco e, dopo pochi secondi di riflessione, assegna il fallo a Sandrino. Calcio di punizione, un tocco rapido per battere, rasoterra preciso e Sandro passa in vantaggio. Mancano pochi minuti al termine e uno dei rischi è che il giocatore in vantaggio temporeggi e trasformi una partita spettacolare in qualcosa di decisamente inguardabile. Ma conosce bene entrambi e sa perfettamente che non succederà. Anzi accade uno di quegli episodi che fanno bene all’anima e che potrebbero diventare uno spot per il nostro micro mondo e per chi fa sport in generale.
Sandro potrebbe guadagnare un fallo laterale e giocare con il cronometro fino al termine della partita, invece tenta una giocata totalmente illogica e Gian se ne rende immediatamente conto e decide di non approfittarne. La partita termina e i due amici avversari si abbracciano tra gli applausi dei presenti.
Ferruccio guarda soddisfatto e sorride mentre il giornalista scatta foto a ripetizione. Questo è uno di quei momenti che rendono leggera la stanchezza che ti assale per aver organizzato un evento così importante e fanno gonfiare il petto con la consapevolezza che possiamo avere un grande futuro. Poi si gira e guarda il resto del palazzetto.
Abbiamo davvero un grande futuro?