Capitolo 6
Ogni bambino, quando nasce, ha il sacrosanto diritto di crescere nel miglior modo possibile, con genitori amorevoli e, se si è particolarmente fortunati, benestanti.
Ovviamente non vi è possibilità di scelta. Si prende quello che capita e solo crescendo, si scopre che ci sono situazioni peggiori e si ringrazia il cielo, ma anche situazioni migliori e il cielo lo si maledice.
Per Rocco l’infanzia è stata “nella norma”, niente di più niente di meno. Poi intorno ai dieci anni le cose iniziano lentamente a cambiare. La situazione familiare muta e per Rocco, troppo piccolo per comprendere appieno ciò che stava succedendo, iniziò un periodo un po’ meno felice, condito di piccole rinunce e di molte domande senza risposta. A scuola si erano accorti che la sua soglia di attenzione si era bruscamente abbassata, il rendimento scolastico e la condotta, non erano più quelli dell’anno precedente. Iniziò a chiudersi in sé stesso, ad essere più litigioso del normale, disordinato sia a scuola che a casa. L’oratorio diventò, anche per necessità, la sua seconda casa, il parroco lo prese in simpatia, in fondo sembrava proprio un ragazzino educato e gentile.
I compiti di scuola diventarono un fastidio da risolvere il più rapidamente possibile in modo da poter afferrare il pallone ed attraversare la strada per infilarsi nel campetto di calcio e dare sfogo ad una parte della sua rabbia. Un sabato pomeriggio, durante una delle solite interminabili partite, allontanando la palla dalla sua area, calciò la sfera dentro il saloncino dove si ritrovavano gli scout.
Ma quel pomeriggio non c’erano gli scout, c’erano un gruppo di ragazzini, un paio di signori e degli strani tavoli con su delle specie di soldatini. Uno dei due, ridandogli la palla, lo salutò e, notando la sua faccia sorpresa, lo invitò ad entrare chiedendogli se conoscesse il “Subbuteo”.
Rocco si guardò intorno meravigliato. Non riusciva a capire cosa fosse quello strano gioco, l’unica cosa che aveva facilmente compreso era la grande somiglianza con il calcio vero. Un panno verde a simulare il campo, le porte con le reti bianche, una piccola pallina e i soldatini con disegnate le maglie delle squadre di serie A.
A quel punto Sandro, compreso lo stupore del ragazzino, lo invitò ad avvicinarsi raccomandandosi di non toccare nulla finché non fosse finita la partita.
Quel pomeriggio la vita di Rocco subì un cambiamento decisamente inaspettato ed imprevisto. Entrò a far parte della squadra giovanile di Subbuteo della sua città. Sua madre, in un primo momento titubante, si rese conto col passare delle settimane, di quale fortunata casualità fosse stato l’ingresso del mitico Tango nel salone dove si praticava il Calcio da Tavolo, il Subbuteo.
Rocco, sotto la guida attenta di Sandrino, aiutato dall’apparentemente burbero Gianni, iniziò a cambiare atteggiamento nei confronti del mondo che lo circondava. Le regole comportamentali e di gioco spiegate fino allo sfinimento dai due amici allenatori, la precisione necessaria per fare i tocchi senza commettere errori, la cura con cui doveva trattare la squadra che gli avevano prestato per iniziare, diventarono inevitabilmente un modello applicato inconsapevolmente al suo modo di essere.
A scuola migliorò la sua attenzione, il suo ordine, la sua capacità di mantenere la calma e di questo, ovviamente, ne beneficiò anche il suo rendimento. Tutto questo avvenne grazie alla scoperta di un gioco per lui nuovo ma con origini addirittura precedenti alla nascita dei suoi stessi genitori. Alla passione contagiosa di Sandro e Gianni, ad un gruppo di ragazzi e ragazze che si divertivano come matti ad emulare i goal di Messi, Immobile e Ibrahimovic ed anche, naturalmente, ad un miglioramento della situazione familiare.
Così, quando venne convocato per giocare gli italiani di categoria, l’entusiasmo lo travolse al punto che andò a raccontarlo anche al preside della sua scuola, interrompendo una riunione on-line col provveditore, ed al parroco che avrebbe poi messo a disposizione dei ragazzi il furgone nove posti della scuola calcio.
Il viaggio verso Chianciano Terme fu solo il prologo di una due giorni ricca di emozioni e di divertimento. Al torneo individuale riuscì a fare una buona figura, arrivando subito dietro coetanei che avevano iniziato a giocare ben prima di lui ed erano quindi più esperti e inevitabilmente più capaci.
Il meglio arrivò il giorno dopo durante la competizione a squadre. Un inaspettato quanto meritato terzo gradino del podio, condito da una buona dose di applausi e lacrime e la possibilità di poter assistere alla fase finale del tabellone individuale Master e Cadetti.
E così, inaspettatamente, si ritrovò a poter guardare i suoi due allenatori sfidarsi per accedere alla semifinale Cadetti. Difficile decidere per chi tifare, vuole bene ad entrambi ed entrambi vogliono bene a lui. Lo avevano seguito, allenato, sgridato, motivato, inserito in un gruppo che non era solo una squadra, ma una famiglia.
Allora meglio stare un passo indietro e provare a guardare i due amici dare il massimo per superarsi, senza interferire, stando un passo indietro anche perché c’è quel signore che continua a fare foto col cellulare che gli si mette sempre davanti e gli impedisce di avvicinarsi.
La partita inizia e Rocco resta in attesa delle giocate spumeggianti dei due amici. L’attesa però dura fino a metà primo tempo quando succede qualcosa che la lontananza dal campo non gli permette di capire e che mette Sandro nelle condizioni di portarsi in vantaggio ed esultare a mezza bocca.
Rocco sorride e ricambia l’occhiolino che il suo allenatore gli rivolge, poi guarda Gianni rendendosi conto di aver gioito non considerando che l’avversario che aveva subito la rete, era l’altro suo allenatore.
Ma Gianni lo guarda e gli sorride come nulla fosse successo, facendogli tirare un sospiro di sollievo. La partita continua e Rocco decide di avvicinarsi un po’ di più. Per farlo si avvicina ad un signore che è completamente catturato dalla partita.
Manca circa un minuto alla fine del primo tempo e Gianni inventa un’azione degna dei migliori top player spagnoli, conosciuti per la loro velocità, segnando il goal del pareggio e scatenando l’applauso dello spettatore accanto a lui. E la mente torna agli allenamenti del martedì pomeriggio quando gli ripetevano che doveva pensare fuori dagli schemi e gli facevano usare il metronomo e lui si divertiva ad andare il più velocemente possibile.
Ecco, quel goal era una chiara messa in pratica di una teoria tante volte spiegata e rispiegata. Bello poi vedere i due amici farsi reciprocamente i complimenti. Intanto l’arbitro viene benevolmente assalito dallo spettatore che inizia a tempestarlo di domande ma ormai non c’è più tempo la seconda frazione di gioco sta iniziando.
Poche le emozioni ad esclusione di un paio di parate di Sandrino. Bisogna arrivare all’undicesimo per vedere un’azione di Sandro decisamente più incisiva, che si interrompe però con un impatto fra la sua e due miniature di Gianni.
L’arbitro ferma il gioco e si volta cercando qualcuno che gli tolga il dubbio regolamentare mentre lo spettatore accanto a Rocco, che ha invece ben chiaro cosa sia successo, guarda la scena con evidente curiosità. Rocco non perde tempo, attira l’attenzione del signore accanto a lui e, con fare da giocatore esperto e navigato, gli spiega: “Sandro ha colpito due omini, ha fatto smash, però il secondo omino era in movimento!”
Per lui la situazione è estremamente chiara e dà per scontato che per il suo interlocutore lo sia altrettanto. L’arbitro conferma che il fallo è a favore di Sandro, calcio di punizione. Un tocco rapido e Sandrino è pronto a tirare. Rasoterra sul secondo palo e il raddoppio è servito.
La partita riprende e si capisce subito che Gianni vede il cronometro correre. Rocco segue ogni fase di gioco e quando vede Sandro cercare un aggancio impossibile invece di guadagnare un sacrosanto fallo laterale si ricorda dei discorsi fatti al club sulla correttezza ed il rispetto dell’avversario e non può fare a meno di sorridere.
Anche la reazione di Gianni che butta via la palla non lo sorprende anzi è il degno coronamento di una partita corretta tra due avversari che sono amici e si rispettano.
Questo è il mondo che piace a Rocco. Questo è il mondo che dovrebbe sempre rappresentare il nostro gioco/sport. Ma è davvero così?
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