subbuteo stories

Porto (ma in italiano spesso si parla anche di Oporto) è la seconda città del Portogallo, dietro la capitale Lisbona, ed è anche definita la capitale del nord, essendone il più grande centro commerciale ed economico.

Situata sulla riva settentrionale del fiume Duero e a due passi dalla distesa azzurra dell’oceano Atlantico, conta quasi due milioni di abitanti ed è noto al mondo intero per la produzione del suo tipico vino liquoroso, il Porto per l’appunto. Nei libri di storia viene anche definita la “cidade invicta”, ossia la città imbattuta in quanto i suoi abitanti respinsero sia l’attacco dei Mori, sia l’esercito napoleonico e non fu mai sconfitta militarmente sia dalla sua creazione al tempo dell’impero romano.

Durante il XVIII e XIX secolo, la città divenne un importante centro industriale e vide una crescita in dimensioni e in popolazione. Vennero costruiti un ponte in ferro a due livelli – Dom Luís I – (progettato dall’ingegnere belga Théophile Seyrig) e un ponte ferroviario – Maria Pia -, progettato da Gustave Eiffel assieme a Seyrig, così come la stazione centrale (São Bento, considerata una delle più belle d’Europa, ornata da lussuose piastrelle dipinte).

Ma Porto è anche una città dall’enorme spessore culturale e sede di una delle più famose università europee e il suo enorme patrimonio artistico le ha permesso, nel 1996, di essere riconosciuta come patrimonio dell’UNESCO (Fig. 1)

Fig. 1 – Una veduta del centro storico di Porto affacciato sul fiume Duero

Dal punto di vista sportivo, per tanti anni ha dovuto soffrire il dominio di Benfica e Sporting, le due grandi rivali della capitale Lisbona ma, con il tempo, è riuscita a ritagliarsi un suo spazio anche in questo campo grazie alle gesta di Boavista e, soprattutto, Porto. I secondi, in realtà, furono anche i primi a vedere i natali, nel 1893 per la precisione, grazie ad un noto commerciante di vino (a volte si dice il caso…), il Sig. Antonio Nicolau de Almeida, il quale fondò il club che diede vita allo sviluppo del football nel profondo nord del Portogallo. Solo 10 anni dopo nacque il Boavista, il cui nome trae origine dal quartiere omonimo situato a nord di Porto, un club dall’anima più popolare e, soprattutto, anglosassone visto che la sua fondazione si deve all’azione di un gruppo di operai inglesi e portoghesi della fabbrica William Graham. Iniziava così l’epopea della sfida tra le Pantere (i Panteros dl Boavista) e i Dragoni (i Dragoes del Porto)

Sin dalla loro fondazione, la storia delle due squadre principali della città prese strade diverse con il Porto subito a ridosso delle grandi del calcio lusitano e vincitore del primo titolo nazionale già nel campionato 1934/35, in una stagione nella quale il Boavista vinse il campionato di seconda divisione.

I primi derby furono però a senso unico con i Dragões vincitori per 3-0 la gara in casa e addirittura per 4 – 0 in trasferta a testimoniare la voglia di mettere subito in chiaro su chi dovesse sentirsi il re di Oporto. Per le Pantere andò addirittura peggio quando ritornarono in Primeira Liga nel 1941 subendo in casa un pesante 3-6 ed in trasferta un umiliante 7-1, risultati che contribuirono ad un’altra immediata retrocessione.

Almeno fino alla fine del secondo conflitto mondiale, le due squadre ebbero storie calcistiche profondamente diverse con il Porto stabilmente nell’elite del calcio portoghese ed il Boavista a fare la spola tra prima e seconda divisione. Solo nella stagione 1945/46 il Boavista colse il suo primo successo nel derby battendo gli avversari per 3 – 2. Nel frattempo, nonostante due titoli di campione del Portogallo vinti dal Porto alla fine degli anni ’50, per più di trent’anni, nel dopoguerra, fu Lisbona a dominare la scena con il Benfica di Eusebio, Coluna e Aguas.

Solo a metà degli anni ’70, l’acquisto del peruviano Cubillas da parte del Porto, seppur non accompagnato dalla conquista immediata di titoli sportivi, fece capire che la musica stava cambiando con la leadership della capitale messa in pericolo per la prima volta. Si stavano, infatti, gettando le basi per i meravigliosi anni’80 culminati, sponda Porto, con la vittoria della Coppa dei Campioni del 1987. Nel frattempo, anche sulla sponda opposta del Duero qualcosa stava cambiando con il Boavista che arrivò terzo in due occasioni (1988/89 e 1990/91).

Nel campionato 1998/99, il primo caratterizzato da un testa a testa tra le due compagini di Oporto per la conquista del titolo, il Boavista vinse il derby fuori casa per 2 – 0 e pareggiò 0 – 0 nella gara di ritorno (no era mai accaduto prima di non subire alcuna rete dai rivali) anche se il titolo andò comunque al Porto.

Lo scontro al vertice si ripetè due anni dopo e per uno strano scherzo del destino il derby venne posizionato all’ultima giornata. All’Éstadio do Bessa si giocò la gara di andata e una rete di Martelinho permise al Boavista di vincere per 1-0, un successo fondamentale. A due turni dal termine, con le Pantere quattro punti avanti rispetto ai cugini, la vittoria interna contro l’Aves, rese inutile il derby di ritorno e il Boavista si laureò campione con tre turni d’anticipo.

La gioia delle Pantere fu comunque di breve durata, perché grazie all’arrivo da José Mourinho alla guida tecnica, il Porto iniziò una vera e propria dittatura sulla Primeira Liga con il “contorno” di una Coppa UEFA ed una seconda Coppa dei Campioni. Nel 2008 i problemi finanziari condannarono il Boavista al fallimento e per sette anni sparì dal grande calcio per tornarvi nel 2014 riuscendo sempre a ottenere la salvezza.

La stracittadina di Oporto si è giocata nella storia in novantasei occasioni con sessantasei vittorie dei Dragoni contro i soli quindici trionfi delle Pantere e altrettanti pareggi per una supremazia dei primi a dir poco schiacciante. Le due tifoserie danno vita a coreografie sempre molto vivaci e mai eccessive ma anche in questo caso i numeri degli abbonamenti sono dalla parte della prima squadra di Oporto (Fig. 2 e Fig. 3)

Fig. 2 – La curva dei Dragoes
Fig. 3 – Il settore caldo dei tifosi del Boavista

PORTO F.C.

Il Futebol Clube do Porto, più semplicemente noto come Porto, fu fondato il 28 settembre 1893 con il nome di FootBall Club do Porto il 28 settembre 1893 da António Nicolau de Almeida, commerciante di vini e appassionato sportivo, il quale rimase affascinato dal gioco del calcio durante i suoi viaggi d’affari oltremanica in Inghilterra (Fig. 4)

Fig. 4 – António Nicolau de Almeida, fondatore del F.C. Porto

Purtroppo, l’interesse di Don Antonio si affievolì nel tempo anche a causa di pressioni familiari e dovette intervenire un nuovo proprietario, José Monteiro da Costa, appena rientrato dall’Inghilterra dopo aver completato gli studi.

Poco tempo dopo l’avvento del nuovo presidente, il club prese in affitto il primo stadio e nominò allenatore il francese Adolphe Cassaigne, che sarebbe rimasto al Porto sino al 1925. Nel 1907 i Dragoes vinsero la prima edizione della Taça José Monteiro da Costa, aggiudicandosi così il suo primo titolo, e strinsero una proficua collaborazione con il Leixões per fondare la federazione calcistica del Portogallo, che cominciò ad organizzare il campionato regionale l’anno dopo. Il Porto concluse la sua prima stagione al secondo posto dietro i concittadini del Boavista e nella stagione seguente vinse il suo primo campionato regionale. Alla fine della stagione 1920/21 il Porto aveva vinto sei campionati regionali in sette anni e tre Taça José Monteiro da Costa consecutive (dal 1914 al 1916)

Finalmente, nella stagione 1921-1922 si tenne la prima edizione del Campeonato de Portugal, torneo antesignano della Coppa del Portogallo, una competizione ad eliminazione diretta che metteva in palio il titolo di campione del Portogallo. Dopo aver vinto il suo quarto titolo regionale consecutivo, il Porto sconfisse lo Sporting e si aggiudicò la prima edizione del Campeonato de Portugal, divenendo il primo campione nazionale della storia del Portogallo. Vinse poi solo tre (1925, 1932, 1937) delle successive sedici edizioni del campionato nazionale, malgrado continuasse a essere la squadra egemone del campionato regionale. L’anno seguente fu istituito un secondo torneo a carattere nazionale, il Campeonato da Primeira Liga o semplicemente Primeira Liga e i nostri eroi se ne aggiudicarono la prima edizione con un bel record di 10 vittorie su 14 partite. Per la stagione 1938/39, la Primeira Liga divenne ufficialmente il campionato portoghese e cambiò nome in Campeonato Nacional da Primeira Divisão, ovvero, più semplicemente, Primeira Divisão, mentre il Campeonato de Portugal fu trasformato nella Taça de Portugal, la coppa nazionale.

Il Porto vinse anche la prima edizione del nuovo campionato bissando il titolo l’anno seguente, non riuscì poi ad aggiudicarsi il terzo alloro consecutivo e l’anno dopo, campionato 1941-1942, rischiò la retrocessione; solo nel campionato 1946/47 il club riuscì a tornare tra le migliori tre squadre del Portogallo.

Dopo un’astinenza di 16 anni, nel 1955-1956 il Porto rivinse il titolo nazionale grazie agli scontri diretti favorevoli nei confronti del Benfica e centrò l’accoppiata campionato – coppa battendo la Torreense in finale di Taça de Portugal

In qualità di campione portoghese, il Porto esordì nelle coppe europee nella Coppa dei Campioni 1956-1957, dove uscì al turno preliminare contro l’Athletic Bilbao, vittoriosi sia all’andata che al ritorno. Un anno dopo il Porto si aggiudicò la seconda Taça de Portugal della sua storia battendo per 1-0 in finale il Benfica che si prese la rivincita nella finale della stagione seguente negando ai rivali il secondo double visto che i Dragoes avevano vinto tre mesi prima il campionato 1958/59. Al termine di quella stagione, il Porto entrò nel periodo più triste della sua storia calcistica aggiudicandosi solo la Coppa Nazionale nella stagione 1967/68 sotto la guida tecnica di Josè Maria Pedroto, ex stella della squadra. Solo nel 1974 si vide un barlume di luce (nel frattempo era andato via anche Pedroto) quando fu presentato il fuoriclasse peruviano Teofilo Cubillas che, nella sua permanenza al Porto, segnò 65 reti in 108 partite.

Con il ritorno dell’allenatore Pedroto, nella stagione 1976-1977 il Porto inaugurò un nuovo capitolo vincente della propria storia. Il nuovo tecnico dapprima ripeté il successo della stagione 1967/68, vincendo la Coppa di Portogallo, la quarta per il club per poi riportare ad Oporto, nella stagione seguente, il titolo nazionale, a 19 anni di distanza dall’ultimo trionfo con Pedroto in campo come giocatore determinante.

In ambito europeo il Porto raggiunse i quarti di finale della Coppa delle Coppe 1977-1978, eliminando negli ottavi il Manchester Utd prima di essere eliminato dall’Anderlecht, ma nella Coppa dei Campioni 1978/79 patì la più larga sconfitta della propria storia nelle coppe europee (6-1) nell’andata dei sedicesimi di finale contro l’AEK Atene, non riuscendo poi a ribaltare l’esito della sfida nel ritorno (malgrado una vittoria per 4-1). La stagione 1978-1979 si concluse con un calo di rendimento che fece svanire le ambizioni di vincere il titolo e portò a contrasti tra lo staff tecnico e il presidente Américo de Sá, che si risolsero con le dimissioni di Pedroto e l’arrivo al suo posto di Hermann Stessl

Il periodo a cavallo tra gli anni ’70 e la metà degli anni ’80 vide il Porto raggiungere per ben sei volte in otto anni la finale di Coppa di Portogallo, da cui uscì vincitore nel 1984 e sconfitto nel 1978, 1980, 1981, 1983 e 1985 anche se nel dicembre 1981 batté il Benfica nell’edizione inaugurale della Supercoppa di Portogallo.

Nel 1982 Pinto da Costa, che nel 1980 si era dimesso da direttore sportivo come gesto di solidarietà nei confronti dell’esonerato Pedroto, assunse il controllo del Porto riportando lo stesso ex tecnico sulla panchina della squadra nell’aprile del 1982. Quando Pinto da Costa diventò presidente il Porto era l’unica delle “tre grandi” portoghesi a non aver mai vinto un trofeo europeo, ma la situazione mutò rapidamente. La prima finale europea fu quella contro la Juventus di Michel Platini nella Coppa delle Coppe 1983/84 ma il Porto, allenato da António Morais, subentrato a Pedroto (dimessosi per motivi di salute), fu sconfitto al St. Jakob Stadium di Basilea (2-1). Quell’anno il Porto vinse coppa (4-1 in finale al Rio Ave) e supercoppa nazionali, mentre il campionato andò al Benfica.

Il successore di Pedroto, l’allievo Artur Jorge, guidò il Porto alla vittoria della Primeira Divisão, la prima dopo sei anni, nel 1984-1985, annata in cui il Porto fu sconfitto dal Benfica nella finale di Coppa del Portogallo. Fernando Gomes vinse nuovamente la Scarpa d’oro come migliore goleador dei campionati europei, ripetendo il successo del 1983. Jorge riuscì ad aggiudicarsi il titolo portoghese anche nella stagione 1985/86, qualificando così la squadra per la Coppa dei Campioni.

La squadra iniziò il cammino nella Coppa dei Campioni 1986-1987 ottenendo la vittoria più larga nella storia del club nel torneo grazie al successo per 9-0 contro i maltesi del Rabat Ajax, poi battuti di misura anche nella partita di ritorno. La compagine di Jorge eliminò poi Vítkovice, Brøndby e Dinamo Kiev, approdando per la prima volta in finale.

La sfida mise di fronte Porto e Bayern Monaco, con i tedeschi favoriti dai pronostici anche a causa delle numerose assenze tra i portoghesi (su tutte quella del bomber Fernando Gomes, autore sin lì di 5 gol in coppa e costretto a rinunciare alla finale per la frattura di tibia e perone occorsa qualche giorno prima della partita).

Il Porto, capitanato dal difensore João Pinto (vista l’assenza di Gomes), passò in svantaggio nel primo tempo, ma nel giro di tre minuti, dal 77º all’80º minuto di gioco, segnò con il talento algerino Rabah Madjer (pregevole gol di tacco – Fig. 5) e con il subentrato Juary, servito da Madjer.

Vincendo per 2-1, la squadra di Jorge si laureò campione d’Europa per la prima volta nella propria storia, riportando il trofeo in Portogallo dopo 25 anni.

Fig. 5 – Il “tacco di Allah” Rabah Madjer, a segno nella finale di Coppa dei Campioni contro il Bayern Monaco

Nella stagione 1987-1988 il Porto del nuovo tecnico Tomislav Ivić vinse la Supercoppa europea contro l’Ajax e la Coppa Intercontinentale contro il Peñarol, diventando la prima squadra portoghese capace di aggiudicarsi le due coppe. A suggello di un’annata memorabile, vinse anche la Coppa di Portogallo e il campionato, esteso a 20 squadre, con il record di gol segnati (88) e il record di punti di distacco sulla seconda (15 punti).

Il 1988-1989 fu avaro di soddisfazioni. Pesarono gli infortuni di Madjer e Gomes, all’ultima stagione con il Porto dopo 15 anni di militanza ininterrotta nel club, chiusa con un bilancio di 352 gol segnati in 455 partite. Il rientrante Artur Jorge condusse la squadra alla vittoria del campionato 1989-1990 e alla vittoria della Coppa e della Supercoppa di Portogallo nel 1991. Il successore di Jorge, Carlos Alberto Silva, guidò il Porto a due sofferti successi consecutivi in campionato (1991/92 e 1992/93) e relativa qualificazione in Champions League.

Fig. 6 – Bobby Robson al Porto con un giovane Josè Mourinho

Nella stagione 1993-1994 il Porto del rientrante Ivić vinse la Supercoppa di Portogallo, si piazzò secondo in campionato e raggiunse la semifinale della UEFA Champions League. La sfida, in gara unica, terminò con una pesante sconfitta al Camp Nou contro il Barcellona di Johan Cruijff. Nel corso della stagione sulla panchina della squadra era subentrato l’inglese Bobby Robson (Fig. 6), che nel 1994-1995 riportò il titolo nazionale a Porto.

La stagione 1994-1995 fu segnata dalla tragica morte, in un incidente d’auto, del ventiseienne centrocampista Rui Filipe, che aveva segnato il primo gol del Porto in campionato e aveva contribuito alla vittoria della Supercoppa di Portogallo del 1994.

I problemi di salute di Robson lo tennero lontano dai campi di gioco nella prima parte della stagione successiva e riuscì a sedersi nuovamente in panchina solo verso la fine del campionato 1995/96 anche se questo non gli impedì di condurre il Porto alla vittoria del titolo nazionale con un roboante  + 11 punti sul Benfica, grazie soprattutto alla vena realizzativa dell’attaccante Domingos Paciência, miglior marcatore del torneo.

Nell’estate 1996 Robson passò al Barcellona, sostituito da António Oliveira, che guidò il Porto al terzo titolo portoghese consecutivo (fatto mai accaduto prima nella storia del club) con un margine di 13 punti sullo Sporting Lisbona. Il Porto vinse anche l’ottava Supercoppa di Portogallo travolgendo per 5-0 il Benfica all’Estádio da Luz, grazie all’esplosiva coppia di attaccanti brasiliani  formata da Artur e Jardel (capocannoniere del campionato). In UEFA Champions League il Porto fece suo il girone senza subire sconfitte (5 vittorie e un pareggio in 6 partite) e battendo anche il Milan a San Siro (3-2, ribaltando la situazione con due gol nell’ultimo quarto d’ora di partita), ma fu eliminato dal Manchester Utd ai quarti di finale (4-0 e 0-0).

Nel 1997/98 il Porto si aggiudicò la Primeira Liga per la quarta volta consecutiva (la Tetra), eguagliando il risultato dello Sporting, capace di un’impresa identica negli anni ’50 e, sconfiggendo lo Sporting Braga nella finale della Taça de Portugal, centrò anche il double.

Fig. 7 – Il bomber brasiliano Jardel

Nella stagione successiva occhi puntati su Fernando Santos, successore di Oliveira per la stagione 1998/98: pur cambiando guida tecnica, il risultato rimase lo stesso con la conquista di uno storico quinto titolo consecutivo (la Penta), nuovo record per il calcio portoghese; il capocannoniere del campionato, Jardel (Fig. 7), con 36 gol, si aggiudicò la Scarpa d’oro come miglior marcatore dei tornei europei.

L’anno successivo la squadra arrivò seconda in Liga dietro allo Sporting, ma vinse per la decima volta (la seconda consecutiva) la Coppa di Portogallo. Il club provò ad investire su Octavio Machado per riportare il titolo a casa ma, dopo la vittoria in Supercoppa contro il Boavista ad inizio stagione, la squadra si piazzò solo terza in classifica.

Stava per arrivare la nuova, vera, “golden age” per il Porto e i suoi tifosi: all’inizio del campionato 2001/02, dopo l’eliminazione dalla Coppa del Portogallo ed una pesante sconfitta in campionato, Machado fu sostituito da un giovane ed esuberante allenatore, Josè Mourinho (fig. 8), proveniente dall’ Uniao de Leiria, il quale portò il club al terzo posto nella classifica finale promettendo il titolo per la stagione successiva, promessa ampiamente mantenuta grazie alla conquista di ben 86 punti (+ 11 sul Benfica) ed alla presenza, in squadra, di top player come Vítor Baía, Deco, Ricardo Carvalho, Costinha, Maniche, Paulo Ferreira, Hélder Postiga, Pedro Emanuel, Nuno Valente, Derlei e Jorge Costa (rientrato dopo il prestito semestrale al Charlton).

Fig. 8 – Josè Mourinho, allenatore del Porto dal 2001 al 2004

Il Porto fu protagonista anche in Coppa UEFA, torneo che vinse battendo in finale a Siviglia il Celtic per 3-2 dopo i tempi supplementari (Fig. 9).

Fig. 9 – Il Porto vincitore della Coppa UEFA 2002/03

Mourinho guidò poi la squadra ad uno storico treble vincendo anche la Coppa di Portogallo, ottenuta grazie al successo di misura in finale contro l’União Leiria.

La stagione 2003-2004 si aprì con la vittoria della tredicesima Supercoppa di Portogallo (1-0 contro l’União de Leiria), trionfo cui fece seguito la sconfitta contro il Milan nella partita che assegnava la Supercoppa europea allo Stadio Louis II di Montecarlo. In campionato la squadra di Mourinho terminò al primo posto, aggiudicandosi così il suo 19º titolo nazionale, grazie anche ai 20 gol in 23 partite del cannoniere Benni McCarthy, tornato al Porto dopo un anno deludente a Vigo per sostituire Hélder Postiga, ceduto al Tottenham.

In ambito europeo, nonostante un inizio negativo in UEFA Champions League, con un pari esterno contro il Partizan (1-1) e una sconfitta interna per 1-3 contro il Real Madrid, nei successivi impegni il Porto non perse più un match nel girone di qualificazione, in cui si piazzò secondo con un bilancio di 3 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta.

Si qualificò così agli ottavi di finale, dove, dopo la vittoria per 2-1 ottenuta in casa all’andata, eliminò il Manchester United con un pareggio all’Old Trafford, segnando il decisivo gol dell’1-1 nei minuti di recupero.

Ai quarti ebbe la meglio sul Lione (2-0 in casa e 2-2 allo Stade de Gerland) e in semifinale sul Deportivo La Coruña (0-0 in casa e 1-0 al Riazor), che agli ottavi e ai quarti di finale aveva eliminato rispettivamente Juventus e Milan, le due finaliste della precedente edizione di Champions.

In finale la squadra di Mourinho sconfisse per 3-0 all’Arena AufSchalke il Monaco di Deschamps, altra sorpresa della manifestazione, diventando, grazie al secondo trionfo nella manifestazione, la squadra portoghese con il maggior numero di vittorie nelle coppe europee (Fig. 10).

Fig. 10 – Il Porto, vincitore della Champions League 2003/04

La sconfitta per 2-1 contro il Benfica nella finale della Coppa di Portogallo, disputatasi dieci giorni prima della finale contro il Monaco, impedì al Porto di centrare il triplete. Purtroppo, nel pieno dei festeggiamenti per il trionfo nella massima competizione continentale per club, Josè Mourinho annunciò il suo trasferimento alla corte di Roman Abramovic per allenare il Chelasea

Il 12 dicembre 2004, dopo 3 cambi di allenatore (prima l’italiano Del Neri esonerato prima dell’inizio del campionato e poi, in successione Victor Fernandez e Josè Peseiro), il Porto si aggiudicò l’ultima Coppa Intercontinentale della storia (il trofeo fu sostituito l’anno dopo dalla Coppa del mondo per club) sconfiggendo per 8-7 dopo i rigori i colombiani dell’Once Caldas a Yokohama: per il club di Porto si trattò del secondo successo nell’Intercontinentale dopo quello del 1987. Dopo aver occupato per quasi tutta la stagione il terzo posto nella Superliga, la squadra si piazzò infine seconda alle spalle del Benfica mentre, in Champions League, fu eliminata dall’Inter agli ottavi di finale.

Nella stagione successiva, il Porto ingaggiò come allenatore l’olandese Co Adriaanse, reduce da un’ottima stagione con l’AZ Alkmaar, vinse il campionato portoghese ma fu estromesso già nella fase a gironi della Champions League.

All’inizio della stagione 2006-2007, a seguito degli scarsi risultati della squadra nella fase di pre-campionato, Co Adriaanse si dimise e al suo posto fu assunto Jesualdo Ferreira. Purtroppo, quella stagione fu anche caratterizzata dal coinvolgimento del club in un presunto giro di partite truccate, lo scandalo Apito Dourado (“Fischietto d’oro”) risalente alla stagione 2003-2004. Il presidente del Porto, insieme ad altre figure di spicco del calcio portoghese tra cui il presidente della Federcalcio, fu accusato di alterare i risultati delle partite offrendo agli arbitri denaro in cambio di direzioni di gara favorevoli.

L’inchiesta, per la gioia della dirigenza del Porto e dei suoi tifosi si concluse con un nulla di fatto in quanto non fu riscontrato alcun operato arbitrale compiacente nell’incontro incriminato. La squadra risentì solo marginalmente dello scandalo e, seppur all’ultima giornata, il Portò riuscì a vincere il titolo 2006/07, il ventiduesimo della sua storia.

Nella stagione 2007-2008 il Porto dominò il campionato portoghese, laureandosi campione con cinque giornate di anticipo, con la seconda in classifica lontana ben 18 punti, e stabilendo il record di gol fatti e quello di reti subite: Jesualdo Ferreira diventò il primo tecnico di nazionalità portoghese a vincere tre titoli di Superliga consecutivi. In merito allo scandalo precedentemente menzionato, alla Società fu contestato il reato di di tentata corruzione, con relativa penalizzazione di 6 punti comminata al club il 9 maggio 2008 ma, nonostante ciò, il club vinse il titolo con 14 punti di vantaggio sullo Sporting Lisbona secondo.

Nelle due stagioni successive il Porto dapprima si aggiudicò il titolo portoghese per la quarta stagione consecutiva raggiungendo i quarti di finale di Champions League (dove fu eliminato dai campioni in carica del Manchester United al termine di due partite molto combattute), mentre nella seconda arrivò terzo in campionato (qualificandosi solo per l’Europa League) aggiudicandosi, però, la coppa nazionale.

Per la stagione 2010-2011 il Porto assunse, come tecnico, André Villas Boas, già assistente per molti anni di Mourinho, una scelta che si rivelò particolarmente felice in quanto la stagione di aprì con la conquista della SuperTaça Cândido de Oliveira (la Supercoppa portoghese) grazie alla vittoria per 2-0 sul Benfica; nel campionato nazionale il Porto fu il dominatore incontrastato e il discorso (per il 25° della sua storia) si chiuse con ben 5 turni d’anticipo grazie alla vittoria corsara per 2-1 nello scontro diretto con gli eterni rivali del Benfica. La squadra trionfò anche in Europa League, torneo che vinse battendo nella finale di Dublino, il 18 maggio 2011, i connazionali dello Sporting Braga con il risultato di 1-0 (Fig. 11).

Fig. 11 – La rete decisiva di Radamel Falcao nella finale di Europa League 2010/11 contro lo Sporting Braga

La stagione si concluse con il treble: il 22 maggio 2011, infatti, il Porto si aggiudicò la sua ventesima Coppa di Portogallo battendo in finale il Vitória Guimarães per 6-2. E se Villas Boas fu il condottiero perfetto, i suoi legionari implacabili si chiamavano João Moutinho, Silvestre Varela e, soprattutto, Radamel Falcao e Hulk, bomber implacabili.

Il campionato 2011/12 vide i Dragoni orfani sia del tecnico Villas Boas (passato al Chelsea) che del centravanti colombiano Radamel Falcao (ceduto all’Atletico Madrid);  la squadra fu affidata a Vítor Pereira, che cominciò la sua avventura conquistando la Supercoppa nazionale (vittoria per 2-1 contro il Vitória Guimarães grazie alle reti decisive realizzate dal difensore Rolando) e la concluse con la vittoria del campionato. Purtroppo il cammino europeo non fu di pari livello con la sconfitta nella Supercoppa europea (0 – 2 con il Barcellona), l’eliminazione nella fase a gironi di Champions League e, successivamente, ai sedicesimi di finale di Europa League ad opera del Manchester City.

Nel campionato 2012-2013 il Porto ridusse le distanze dal Benfica e arrivò alla penultima giornata allo scontro diretto in casa con due punti di svantaggio sui rivali. Vincendo grazie ad un gol messo a segno nei minuti di recupero, passò in testa alla classifica e si confermò campione di Portogallo per la terza volta di fila (la 27ª in totale e la seconda senza subire alcuna sconfitta) in virtù di una vittoria esterna ottenuta all’ultima giornata. A far da contraltare, però, ci fu la delusione dell’eliminazione agli ottavi di finale di Champions League ad opera di un non irresistibile Malaga.

Dal 2013 al 2017 il Porto ha vissuto uno dei momenti più complicati dal punto di vista sportivi con la sola conquista di una Supercoppa nazionale nel 2013, vinta con Paulo Fonseca in veste di tecnico. In 4 anni si succedettero altrettanti allenatori: lo stesso Fonseca, Julen Lopetegui, Josè Peseiro e Nuno Espirito Santo ma i risultati non arrivarono, sia in campo nazionale che europeo.

Per l’inizio della stagione 2017/18, il Porto ingaggiò, in qualità di tecnico, Sergio Conceição che riuscì subito a vincere il 28° titolo nazionale ma fu estromesso agli ottavi di finale della Champions League dal Liverpool. L’anno successivo si aprì con la vittoria della Supercoppa del Portogallo ma giunse solo secondo in campionato e perse entrambe le finali di Coppa del Portogallo e di Coppa di Lega. Il cammino europeo in Champions League si interruppe ancora una volta grazie ai Reds di Liverpool che eliminarono il Porto ai quarti di finale (per poi andare a vincere il trofeo) dopo un’ottima fase a gironi (16 punti conquistati su 18 a disposizione) e l’eliminazione della Roma agli ottavi di finale.

Nella scorsa stagione, dominata purtroppo dalla pandemia da COVID 19, il Porto ha vinto il suo 29° campionato nazionale fallendo, però, nelle coppe sia nazionali che internazionali. Nella stagione in corso, che sta volgendo al termine, il Porto ha chiuso al secondo posto alle spalle dello Sporting Lisbona campione e davanti all’eterna rivale Benfica.

BOAVISTA F.C.

Il Boavista Futebol Clube, comunemente noto come Boavista fu fondato il 1º agosto 1903 nel quartiere nord – ovest della città di Porto da due fratelli inglesi, Harry e Dick Lowe, i quali, avendo ricevuto in regalo un pallone dal padre che lo aveva comprato in Inghilterra, fondarono il Boavista Footballers, avendo come primo rivale proprio un altro club inglese della città, l’Oporto Cricket and Lawn Tennis Club.

La squadra visse una prima spaccatura quasi all’esordio in quanto il suo contingente britannico si rifiutò di giocare la domenica a causa della fede anglicana, mentre i cattolici locali potevano giocare solo la domenica a causa degli impegni di lavoro. Dalla sfida uscì vincitrice la componente cattolica e, nel 1910, fu adottato il nome attuale; allo stesso tempo,  l’11 aprile dello stesso anno fu inaugurato il terreno ora occupato dall’Estádio do Bessa con una partita contro il Leixões SC (Fig. 12)

Fig. 12 – Un’immagine del Boavista nella stagione 1922/23

Negli anni venti la squadra vantava “il miglior trio difensivo del Nord”: il portiere Casoto e i difensori Lúzia e Óscar Vasques de Carvalho e, nel decennio successivo, il club fece pressione per la legalizzazione del professionismo dopo essere stato sanzionato, essendo stato indagato dopo aver denunciato che il FC Porto aveva pagato un membro del Boavista per unirsi a loro. Nel 1933, il club adottò le sue maglie bianco-nere, basandosi su una squadra francese che il presidente del club Artur Oliveira Valença aveva osservato in un suo viaggio in terra transalpina

I primi decenni di vita del Boavista nel campionato portoghese hanno visto il club rimbalzare tra la Primeira e la Segunda Divisão, vincendo il titolo di quest’ultima nel 1937 e nel 1950, mentre al termine della stagione 1965/66 il club fu retrocesso nella Terceira Divisão, dove rimase per due stagioni.

La squadra riuscì a tornare nella massima serie al termine del campionato 1969/70 grazie a due promozioni consecutive, terminò la ristrutturazione del suo stadio due anni dopo e nel 1974 assunse il manager José Maria Pedroto grazie anche all’elezione, in qualità di Presidente, di Valentim Loureiro. Ritornato in prima divisione, il Boavista raggiunse il suo miglior piazzamento (fino ad allora) con il quarto posto nel campionato 1974-1975, vincendo anche la Taça de Portugal per la prima volta dopo aver sconfitto il Benfica 2-1 in finale. Nel campionato seguente, il Boavista si piazzò al secondo posto, a due sole lunghezze dal Benfica campione ma riuscì a difendere il titolo in Coppa del Portogallo sconfiggendo il Vitória de Guimarães  per 2-1 all’ Estádio das Antas di Porto. Alla fine di quella stagione, però, il miglior giocatore del Boavista, Josè Maria Pedroto, lasciò il club per unirsi agli acerrimi rivali cittadini del Porto.

L’esperto manager inglese Jimmy Hagan guidò il club alla terza vittoria della Taça de Portugal in cinque anni dopo aver sconfitto lo Sporting CP per 1-0 nel replay della finale del 1979, dopo un pareggio per 1-1 avvenuto il giorno prima. All’inizio della stagione successiva (1979/80), Porto e Boavista organizzarono la prima edizione della Supercoppa portoghese, una partita di apertura di stagione tra i detentori del campionato e della coppa. La partita fu disputata all’Estádio das Antas, e il Boavista (con il nuovo manager Mário Lino) batté il Porto di Pedroto per 2-1 in una partita dagli elevati toni agonistici, terminata dai bianconeri in 9 uomini per la doppia espulsione di Barbosa e Queirò (Fig. 13)

Fig. 13 – Il Boavista vincitore della Supercoppa del Portogallo del 1979

Nel 1997, a Valentim Loureiro successe come presidente il figlio João, che a 34 anni ediventò il più giovane dell’intero campionato; nel contempo, l’ex nazionale portoghese Jaime Pacheco fu nominato manager e condusse il club al secondo posto nel 1999 e al quarto nel 2000. Nel 2000-01 le Panteros si aggiudicarono il derby nella seconda parte della stagione contro il Porto e andarono a vincere il campionato con una vittoria per 3-0 sul C.D. Aves il 18 maggio 2001.

La vittoria del Boavista ebbe un qualcosa di epico e di storico considerato che, eccezion fatta per la vittoria del Belenenses nel 1946, si trattò solo della seconda volata nella storia del campionato portoghese in cui il titolo non andò ad una delle cosiddette “big three” (Benfica, Sporting Lisbona e Porto).

Fig. 14 – Il Boavista campione del Portogallo nella stagione 2000/01

La squadra di Pacheco subì solo 22 gol in 34 partite e perse in casa solo una volta e aveva, nei suoi punti di forza, autentici numeri uno: il portiere Ricardo, il regista Petit (prodotto del vivaio), lo specialista dei calci piazzati Erwin Sanchez (boliviano), le ali Duda e Martelinho ed il centravanti, nonché capocannoniere del club con 11 reti all’attivo, Elpidio Silva (Fig. 14)

Dopo il secondo posto alle spalle dello Sporting Lisbona nella stagione successiva, la squadra iniziò a disgregarsi, con Petit ceduto al Benfica e Pedro Emanuel al Porto. Il club ricostruì l’Estádio do Bessa per Euro 2004, peggiorando così i conti già abbastanza deficitari. Pacheco lasciò il Boavista per accasarsi al Mallorca nel 2003, tornando quasi subito per sostituire brevemente Erwin Sánchez come manager l’anno successivo, e poi nuovamente nell’ottobre 2006.

Negli anni ’90 e nei primi anni 2000, il Boavista è stato presente nelle competizioni europee in maniera piuttosto regolare, raggiungendo le semifinali della Coppa UEFA 2002/03 dove venne eliminato dal Celtic che impedì una finale tutta portoghese proprio contro il Porto

Nel giugno 2008, il Boavista è stato condannato alla retrocessione in seconda divisione nell’ambito dell’inchiesta sulle partite truccate per le quali il principale imputato era l’arbitro Apito Dourado. Un anno dopo il club è stato nuovamente retrocesso, stavolta per demeriti sul campo: inizialmente salvato per la condanna del neopromosso F.C. Vizela in uno scandalo per corruzione della classe arbitrale, il Boavista si dovette comunque ritirare dalla seconda divisione per motivi finanziari.

Nel gennaio 2013, João Loureiro, pressato da migliaia di membri del club, fu eletto nuovamente presidente e, dopo una lunga e pesante battaglia legale, nel giugno 2013 il Boavista ottenne il diritto di tornare in Primeira Liga.  Inoltre, dopo una trattativa con i creditori del club, il debito di 65 milioni di euro fu dimezzato. Dopo sei anni di assenza, il Boavista tornò quindi nel calcio portoghese che conta nella stagione 1014/15 allenato da Petit, membro della squadra vincitrice del titolo nel 2001.

Dal punto di vista finanziario, il club ha ricevuto un potente sostegno grazie agli investimenti del potente uomo d’affari ispano-lussemburghese Gérard Lopez, proprietario del club del Lille OSC, club di Ligue 1 francese.

Nella stagione in corso (2020/21) che ormai volge al termine, il Boavista lotta per non retrocedere (al momento dovrebbe disputare il playout) a 2 giornate dal termine avendo due punti di margine sulla penultima in classifica (il Farense) e uno di ritardo dal Rio Ave che lo precede.

Se Porto e Boavista rappresentano due realtà indiscusse del panorama calcistico lusitano, anche nel verde mondo del Subbuteo si difendono alla grande essendo presenti in entrambi i cataloghi, sia HW che LW.

Nel catalogo delle HW, il Porto è presente con la ref 278 (Fig. 15) ed è stato inserito non solo perché è una delle tre squadre più titolate del Portogallo, bensì per due record piuttosto singolari: insieme al Liverpool è l’unica ad aver vinto la Coppa dei Campioni e la Champions League dopo aver vinto Coppa UEFA ed Europa League. Inoltre, ha vinto almeno una volta, tutte le competizioni (nazionali ed internazionali) alle quali ha partecipato.

Fig. 15 – La ref 278 del catalogo HW dedicata al Porto

La ref si presenta con la tipica maglia a strisce verticali blu su fondo bianco, calzoncini blu, calzettoni bianchi ed accoppiata base/inner di colore blu e bianco. Non si tratta di una ref rarissima ma nemmeno troppo comune ed ha, quindi, un discreto valore di mercato.

Stesso numero di ref anche nel mondo lw con lo stesso disegno di casacca ed accoppiata base/inner blue e bianco ovvero anche tutto blu a seconda delle diversi varianti (Fig. 16)

Fig. 16 – La ref 16 in versione LW

Anche il Boavista è presente in entrambi i cataloghi; in quello delle HW è menzionato soprattutto per le sue gesta in Coppa del Portogallo e per aver mietuto vittime illustri (Atletico Madrid e Fiorentina per fare due esempi) nelle sue partecipazioni alle coppe internazionali. La ref è la 273 nella quale la squadra si presenta con la classica maglia a scacchi bianco/nera con calzoncini e calzettoni bianchi ed accoppiata base/inner di colore bianco/nero (Fig. 17)

Fig. 17 – La ref 273 HW dedicata al Boavista

Nel mondo LW non cambia praticamente nulla (anche se è piu facile trovare le miniature con base nera ed inner di colore bianco), sia in termini di ref che di aspetto della miniatura (Fig. 18)

Fig. 17 – La ref 273 LW dedicata al Boavista

In definitiva, quindi, se le due squadre di Oporto (o Porto che sia) hanno una loro grande tradizione sul campo (con il Porto sicuramente più titolato e blasonato), si sono ritagliate uno spazio ben definito anche nel mondo delle basi basculanti e meritano, di conseguenza, tutto l’apprezzamento degli appassionati di calcio e di…Subbuteo

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