Cari amici di “Sportivamente Calcio Tavolo” benvenuti alle interviste dedicate ad alcuni rappresentati del nostro mondo (in tutte le sue forme) che negli anni hanno dato, e ancora danno, il loro contributo per assicurare lunga vita al Subbuteo/CdT.
Siamo sicuri che i nomi che si susseguiranno nelle prossime settimane saranno noti ai più, ma speriamo sarà un’occasione per approfondire questa conoscenza con aneddoti e punti di vista (che vi assicuriamo essere tutt’altro che banali) e anche un modo per i neofiti di riscoprire la storia del nostro amato gioco.
Oggi abbiamo il piacere di parlare con Riccardo Torri, nome molto noto del panorama “Oldsubbuteo” e fare quattro chiacchiere sul mondo del Calcio Tavolo dai suoi esordi ad oggi.
Innanzitutto benvenuto Riccardo e grazie di aver accettato l’invito di Sportivamente Calcio Tavolo, ti va di presentarti ai nostri lettori e raccontare il tuo percorso nel mondo del subbuteo? Come è nata la tua passione per il subbuteo?
Un compagno delle medie possedeva un campo e delle squadre e mi invitò a giocare da lui. Colpo di fulmine. giocammo un Brasile-Italia ma più che il gioco e le regole fu l’impatto visivo coi colori e il realismo delle miniature a sconvolgermi.
Insomma, sono sono uno dei tanti ragazzini degli anni 70 appassionati di calcio che trovarono nel subbuteo il modo ideale per rivivere la propria passione in ogni momento della giornata.
Dell’old subbuteo sono stato il fondatore assieme a Fabio Fantoni e il creatore del nome. L’immagine dell’oldsubbuteo (zio sub, il look del forum, le prime locandine etc) erano invece opera di Claudio Bruno. Il primo club “fisico” nacque nel settembre del 2005 grazie ad Alessandro Giraldin, a Gorla Maggiore in provincia di Varese.
1) So che sei anche un grande collezionista: cosa puoi raccontarci della tua collezione e dei pezzi più significativi e/o pregiati?
R: Non sono un compulsivo, anche se ho circa 200 HW e qualche rarità. Dal rimini ref 257 al Partick Thistle ref 181 fino alla ref 247 Haka, una delle squadre meno battute da ebay, per dire è proprio la mia quella fotografata nel catalogo subbuteo online di Giampiero ferrarese Aka Celticdream. Una delle bibbie HW online più visitate.
2) Parlando di miniature, tu hai seguito tutto lo sviluppo del gioco dalle HW e i panni in cotone, passando per le LW e gli Astropitch, fino alle evoluzioni moderne del CdT con basi praticamente personalizzate su misura e panni ultra-veloci: Per quanto sia nota la tua passione per la versione originale, ti capita di giocare anche in altre modalità? E come consideri l’evoluzione dei materiali?
R: In realtà l’Astropitch l’ho scoperto al mio rientro, ai miei tempi c’era solo panno. La cosa più performante che avessi mai visto era l’uso del lucido sotto le basi, quando nel 2005 ho visto una miniatura da CdT non ho riconosciuto il gioco che amavo, ma un gioco di abilità molto diverso.
3) Come abbiamo detto tu sei stato uno degli esponenti di punta del cosiddetto “mondo Old” e più volte si è parlato dell’incompatibilità tra questo movimento e le realtà federative (legate principalmente al CdT): Secondo te è davvero una frattura così netta (e insanabile)?
R: Quando il movimento Old Subbuteo fu fondato (il naming è mio) eravamo un gruppo (gruppuscolo fu definito in fisct) piccolo e di nessuna rilevanza. Ma il lavoro fatto tra il 2006 e il 2009 portò l’oldsubbuteo a diventare argomento di interviste, articoli di giornale e a riportare (anche tramite l’operazione Fabbri, di cui fummo sicuramente ispiratori) il subbuteo in vita. I nostri tornei diventarono apprezzatissimi e la community divento enorme. Grazie a Roberto Garagnani, Fabio Fantoni, Claudio Bruno, Davide Galloni, Roberto Coronato, Stefano Lanzani, Stefano “ottiko” e tutti gli appassionati di quel gruppuscolo i club (OSC) nacquero in tutta italia con qualche sporadico tentativo internazionale, in Inghilterra in primis. A quel punto la community sembrò interessare la fisct per incrementare i numeri e tentare per l’ennesima volta il riconoscimento come sport. Ma non era vera passione condivisa, solo opportunismo. E naufragò malissimo. L’idea del subbuteo (minuscolo, è un nome non un brand, come lo scotch) come sport non era assolutamente condivisa nel mondo “old”. È un gioco di abilità e strategia. Lo sport è un’altra cosa.
4) Negli ultimi anni sembra che anche a livello promozionale si stia muovendo qualcosa e il marchio Subbuteo è tornato sugli scaffali dei negozi, secondo te è possibile sperare in una “seconda giovinezza”? Pensi che l’attuale movimento possa essere una risorsa per invogliare le nuove leve?
R: Credo che il raggiungimento dell’età adulta dei ragazzi degli anni 70-80 fosse l’unica chance di questo gioco per tornare in auge. Chi non lo ha vissuto da ragazzo difficilmente lo vorrà condividere coi propri figli.
5) Se avessi la bacchetta magica cosa faresti per ridare nuova vita al Subbuteo?
R: Distruggerei la rivoluzione digitale. E manderei su rai1 in prima serata un documentario riguardante lo stadio di Stephen Moreton, il mitico “stadium of fingers” dove ho avuto il privilegio di poter giocare.
6) Hai mai vinto un torneo importante?
R: Sì! Il torneo No Lucido ai campionati italiani Old Subbuteo del 2010 a verona. Battei in finale (no lucido, palla grossa, qualche cidditista del leonessa brescia tra i partecipanti) un ragazzo di Leeds, venuto apposta per l’evento. Finale 2-1. È stato un attimo bellissimo, ho vissuto da adulto quello che ho sognato da ragazzino. Non è magia questa?
Grazie Riccardo per questa bella intervista. Noi crediamo sempre che un giorno tutti gli appassionati del subbuteo e del calcio-tavolo riusciranno a convivere in serenità sotto lo stesso tetto senza personalismi, invidie o “interessi”. Al momento il traguardo non pare all’orizzonte o forse sì. Sicuramente dovranno cambiare moltissime cose ancora!