Il movimento di giocatori di calciotavolo nazionale è piccolo, qualche migliaio di persone, ma nonostante il numero esiguo, queste sarebbero più che sufficienti per consentire lo sviluppo dell’attività verso i più giovani.
Sono Maurizio Brillantino ed oggi approfitto dello spazio solitamente utilizzato da Marina Allara per cercare di analizzare un aspetto della promozione verso i più giovani che spesso viene volutamente dimenticato.
Marina sarà sicuramente dei nostri già giovedì prossimo.
Ogni club sul territorio, di qualsiasi etichetta associativa, fatica moltissimo nel trovare nuovi giovani giocatori adducendo, spessissimo, quale giustificazione: non ce ne sono!
Non è vero.
Il nostro gioco è molto particolare. Può essere amore a prima vista, come indifferenza. Difficilmente c’è una via di mezzo.
Per esperienza diretta ho visto che quando proponi il calciotavolo ai giovani, partendo dai 12 anni, hai immediatamente una risposta di curiosità e praticamente tutti i maschi vi si avvicinano per cercare di capire cosa stanno vedendo.
Se lasciassimo un campo con due squadre pronte alla mercé di ragazzini, in un modo o nell’altro ci giocherebbero una partita. Con regole totalmente inventate al momento, sicuramente, ma ci giocherebbero. Questo esperimento lo abbiamo tentato un sabato durante la promozione del calciotavolo in un centro commerciale.
Nel giro di pochi minuti, intorno al campo apparentemente a disposizione di chiunque, c’erano sei, sette ragazzini che non si conoscevano tutti tra di loro e cercavano di giocarsi qualche minuto di partita con il loro amico.
Dunque smentiamo “non ci sono ragazzini a cui piace il gioco”. Ce ne sono moltissimi!
Il vero nostro problema, invece, è che non abbiamo il tempo materiale per essere presenti ad insegnare e gestire gruppi di under negli orari che sono idonei per la loro attività. Il lavoro, tranne alcuni rari casi, si sviluppa per tutta una giornata ed infatti i club sono aperti sempre in orario serale.
Evidentemente dopocena ed in un giorno della settimana feriale, un giovane under 18, va a dormire e non sicuramente in un club di calciotavolo.
Dunque, non abbiamo speranze? Forse ne avremmo, ma nella realtà probabilmente non ne abbiamo dovendo “pagare” tanti errori del passato che oggi non ci consentono di essere competitivi nel proporre il nostro gioco.
Il grande nostro problema delle associazioni è aver creato club con l’intento esclusivamente di giocare tornei, campionati, ecc. Pochissimi si sono strutturati da associazione vera e propria ed hanno introdotto strategie di comunicazione, promozione ed organizzazione di corsi.
Se parliamo di un’associazione di uno sport riconosciuto, qualsiasi esso sia, scopriremo che sviluppa l’attività grazie ad istruttori pagati che occupano il loro tempo ad insegnare lo sport per il quale sono preparati.
Sono per lo più professionisti che lavorano per diverse associazioni e vengono retribuiti e quindi il loro orario di lavoro si sviluppa nell’arco della giornata ed in orari decisamente indicati per gli under.
Queste associazioni hanno la possibilità di gestire istruttori per due motivi:
1) hanno degli istruttori riconosciuti
2) sono ASD con un regime fiscale che gli consente questo tipo di attività.
Purtroppo i giocatori di calciotavolo, grazie ad innumerevoli (ormai) dirigenti poco capaci che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni, si trovano oggi ad essere un gioco e NON uno sport. Pertanto non possono associarsi come ASD (Associazioni Sportive Dilettantistiche) ed i modelli di associazione consentiti sono soggetti a regimi fiscali ben poco agevolati che non consentirebbero, comunque, di poter retribuire istruttori!
Dobbiamo dunque continuare come (non) abbiamo sempre fatto ed il CONI sembra una chimera sempre più distante dove l’associazione maggiore che eccelle nell’organizzazione sportiva continua nel suo improvvido ed inutile isolamento a dispetto dell’altra associazione che invece ha degli ottimi contatti CONI.
Perché? Nessuna risposta…