Quattro chiacchiere con personaggi più o meno famosi, pronti ad essere riesumati a nostro uso e consumo e a dirci la loro sul nostro Micromondo. Si tratta di personaggi passati troppo presto a miglior vita, che hanno segnato, ognuno a modo proprio, il mondo dello sport. Ciò che ho scritto vuole essere un ricordo per loro e per le loro imprese e spunti di riflessione per noi.
Tengo a precisare che le domande e le risposte sono ovviamente inventate, e che non deve essere messo in discussione il profondo rispetto per le persone, le imprese e gli sport citati. Tutte le informazioni “tecniche” invece sono reali e riscontrabili. La principale licenza che mi sono preso, è di aver accostato a questi personaggi più o meno famosi, il nostro amato subbuteo/CDT con un taglio ovviamente fantasioso.
Buona lettura!
Ben trovati ad un altro appuntamento con le interviste impossibili. Oggi incontriamo un tennista messicano che ha scritto il suo nome nell’Olimpo del tennis mondiale. Rafael Osuna Herrera.
D. Buongiorno Mr. Osuna! La ringrazio molto per aver accettato questa intervista.
R. De nada! La faccio molto volentieri! Sono contento quando qualcuno si ricorda di me anche fuori dai confini messicani.
D. Non è stato semplice riuscire ad avere informazioni su di lei. Ed è strano, perché lei è l’unico messicano ad essere entrato nella Hall of Fame del tennis, ha trascinato il messico nella finale di Coppa Davis contro l’Australia nel 1962, ed è riuscito, unico messicano, a vincere gli U.S. Open del ’63 ed a diventare numero 1 al mondo! Un ruolino di marcia niente male davvero!
R. Esattamente! La mia storia, in patria, è molto conosciuta. Fuori dai confini un po’ meno. Ma non c’è problema! Questa intervista potrà servire a far conoscere ciò che ho fatto nella mia purtroppo breve ma intensa carriera.
D. Lo spero davvero! Partiamo, naturalmente, dall’inizio. Chi è Rafael Osuna…
R. Bueno. Sono nato a Città del Messico nel 1938. In quegli anni iniziava il secondo conflitto mondiale. Il Messico stava iniziando ad uscire dalla crisi economica causata principalmente dalla prima guerra mondiale. L’attacco a Pearl Harbour del ’41 segnò l’intervento della nostra nazione nel conflitto. Non era una scelta semplice visto che non avevamo Marina, avevamo una limitata Aeronautica con vecchi apparecchi e pochi piloti e c’era un esercito più abituato a fare la milizia in lotte civili che non ad essere parte in causa in una guerra mondiale. Certamente influirono parecchio anche i “rapporti di buon vicinato” di quel periodo con l’America. Quindi, dopo quel tragico attacco, e dopo aver subito anche l’affondamento di due nostre petroliere per mano di sommergibili tedeschi, anche il Messico entrò in guerra. Era nato l’Esquadron 201 “Aquile Azteche” con 300 tecnici e 32 piloti addestrati, piuttosto frettolosamente, dall’Air Force a stelle e strisce.
D. Capperi, una bella lezione di storia! Grazie mille! Ma vogliamo conoscere meglio anche lei e la sua storia sportiva. Considerando che nel mondo del tennis, lei ed il Messico, avete avuto una parte piccola ma decisamente determinante!
R. Sicuro! Vede, il mio inizio nel mondo sportivo è stato con il ping pong. A 10 anni ho vinto il titolo nazionale di specialità. Ero muy rapido. Poi ho giocato a basket. Anche lì me la cavavo benone. Portavo i capelli cortissimi e ricordo una partita dove l’allenatore della squadra avversaria inizio ad urlare ai suoi: “marquen al pelòn!” cioè marcate il pelato! Questo soprannome mi è rimasto fino alla fine…
D. Fine prematura. Di lei dicevano che il suo unico limite era il cielo e proprio il cielo l’ha tradita il 4 giugno del 1969 quando, insieme ad altre 78 persone avete interrotto le vostre vite in un incidente aereo.
R. È così ma non mi piace parlare di cose tristi… purtroppo è successo… ma di cose belle nella mia vita ce ne sono state! Soddisfazioni sportive, il ping pong, il basket, il subbuteo, il tennis…
D. Il subbuteo? Com’è possibile?
R. Qui tutto è possibile! Quando ho visto il messico fatto da Fabrizio Ugolotti con Campos… Una vera meraviglia! Come si fa a non innamorarsi di quei colori? Voi poi dovreste saperlo! El tricolor! Bello! Certo qui si fa fatica a giocare, però quando riusciamo, due tiri li facciamo volentieri! E pensare che a calcio ero negato! Gioco volentieri con Eddie Guerrero ma quando gli segno, ha sempre la brutta abitudine di saltare sul tavolo a braccia aperte urlando come un desperados!!! Quanti campi rotti…
D. Perbacco questo è uno scoop! Il mitico Rafael Osuna si è appassionato al Subbuteo! Spettacolo! Certamente, nel nostro Micro mondo, abbiamo fior di giocatori, ma anche fior di artisti che, in alcuni casi, hanno trasformato dei semplici pezzi di plastica in vere opere d’arte. Dei capolavori!
Restando in tema di capolavori… potremmo definire così l’impresa che avete fatto con la squadra nazionale messicana in Coppa Davis nel 1962? Siete arrivati in finale contro l’Australia! In quel caso avete fatto davvero un capolavoro. Che ne pensa?
R. Ci può stare! Ma penso anche che abbiamo perso quella finale. Certo poi l’Australia l’abbiamo battuta nel ’69 [per la prima volta in 32 anni l’Australia non giocherà il Challenge Round della Coppa Davis – n.d.r.] e penso anche alla “formazione a L” ancora oggi stra usata nel doppio o alla vittoria del ’63 sull’erba di Forest Hills che mi ha permesso di diventare il numero 1 del ranking ITF. E alle parole di Chuck Norris dette a mio nipote: “Ho conosciuto solo due persone che sapevano acchiappare una farfalla con due dita, una era Bruce Lee, l’altra era Rafael Osuna”. Oppure delle due medaglie d’oro alle olimpiadi del ’68 in doppio nel torneo dimostrativo e nel singolo nel torneo di esibizione.
D. Decisamente c’è l’imbarazzo della scelta su quale sia il capolavoro migliore! Perdoni la mia ignoranza in materia, ma cos’è la “formazione a L” che ha nominato?
R. Detta così, per chi non è dell’ambiente, si fa fatica a capirlo. Provi ad immaginare una partita di doppio…
D. Ok…
R. Immagini la posizione dei giocatori in campo al momento del servizio.
D. Ci sono…
R. Una volta tutti e due restavano sulla linea di fondo campo. Io ed il mio connazionale e compagno di doppio Tony Palafox ci siamo inventati una formazione che oggi usano praticamente tutti: quando uno dei due serviva, l’altro si piazzava sulla riga centrale del rettangolo di battuta, si accucciava per evitare di essere colpito salvo schizzare in piedi per intercettare la risposta dell’avversario. Ecco, questa è la “formazione a L”!
D. Niente meno… Caro Rafael, lei è una fonte continua di sorprese! Deve avere avuto un allenatore veramente tosto.
R. Grazie. Mi dà la possibilità di citarlo. Si chiama George Toley. L’ho conosciuto quando ho deciso di trasferirmi in America all’Università della California, per studiare gestione delle imprese. Lui si era laureato lì in business management nel 1941 e poi, essendo un grande appassionato di tennis, aveva deciso di restarci per diventare capo allenatore della squadra maschile dal 1951 al 1980. Ne ho un gran ricordo. Era molto più che un allenatore, insegnava ai suoi ragazzi ad essere giocatori:
- Aiutava a sviluppare un nostro stile basandosi sulle caratteristiche personali.
- Abituava a pensare in campo e a capire che per vincere basta fare le cose semplici, ma in modo eccezionale.
- Spingeva a competere al massimo livello e con la massima sportività, ma esigeva un rendimento accademico almeno pari!
Tenga conto che il 70% dei suoi ragazzi messicani sono laureati. Ne capiva di tennis e molto. E capiva molto anche di noi ragazzi. Oltre a me altri due suoi studenti sono diventati numero 1 al mondo. Il peruviano naturalizzato americano Alex Olmedo nel ’59 e Stan Smith nel ’72.
È stato il presidente onorario del CdA della Fondazione Sportiva Rafael Osuna, la cui attività principale è l’aiuto agli sportivi disabili e l’integrazione degli studenti messicani nelle università straniere, attraverso borse di studio per ragioni accademiche o sportive. Un grande… dal 2008 è venuto a far due tiri qua da noi.
D. Che altro aggiungere Mr. Osuna… ci ha regalato uno spaccato importante del tennis, ma soprattutto della sua vita… Non so come ringraziarla!
R. A voi! È stato un piacere! Penso conosciate “El dias de los muertos” [2 novembre – n.d.r.] basta che, quel giorno, per un secondo, vi ricordiate di me… adios…
Ancora grazie a Rafel Osuna un campione poco noto e poco celebrato. Spero di aver contribuito a far sì che non venga dimenticato… Grazie anche a voi che siete arrivati fino a qui… alla prossima!