a cura di Luca Di Lullo
Nel momento in cui il lettore si accinge a prendere visione di queste poche righe, dichiaro subito il mio malcelato conflitto d’interesse nei confronti di una creatura con la quale “convivo” da oltre quaranta lunghissimi anni ad eccezione di un periodo di tradimento con i classici videogames anni ’90.
Ricordo ancora il momento in cui, un lontano mese di Giugno del 1975 (avevo 6 anni, essendo del 1969) i miei immensi genitori mi fecero il regalo più bello che abbia mai avuto, la confezione World Cup 1974 del Subbuteo, quella scatola dei desideri a due piani, ancora gelosamente custodita (vedi figura 1, 2 e 3), dalla quale pian piano emergevano il mitico panno verde in cotone, le due fantastiche porte World Cup (rigorosamente rossa e blu), la Coppa Rimet, i due fantastici riflettori alimentati da trasformatore, la terna arbitrale, la torre TV, la miriade di personaggi stadio, il tabellone old style e le mie prime tre squadre HW: Olanda, Germania e Brasile.
Ne è passato di tempo dal quel lontano giugno del 1975, sono passati anche tanti modi di vivere il Subbuteo e il gioco si è evoluto con la comparsa delle LW, squadre con basi diverse rispetto alle prime HW (ma non mi addentro anche per incompetenza nel campo) ma fantastiche nei loro colori e nelle loro varianti (basti pensare ai due volumi dell’Opera Omnia a cura del grande Alessio Lupi) che coprivano quasi tutti i campionati del mondo.
Poi c’è stato il grande freddo, un periodo buio per noi subbuteisti, forse anche un po’ integralisti, che è probabilmente coinciso anche con l’esplosione del calcio digitale, più semplice e molto meno tecnico da affrontare, che ha affascinato sempre più le nuove leve al contrario di quando portavamo noi i calzoni corti e l’alternativa al Subbuteo era offerta dai soldatini di piombo ovvero dalle corse delle biglie sull’asfalto dei marciapiedi.
Devo essere sincero: anche il sottoscritto, ad un certo punto, ha mollato un po’ la presa, un po’ per gli studi, un po’ per le vicende (molte liete, alcune tristi) della vita ma la testa, ogni tanto, finiva sempre lì, su quel panno verde che tante emozioni mi aveva regalato da bambino quando, in compagnia, di altri “malati” si simulavano i campionati da 30 giornate (per fortuna la Serie A era a 15 squadre) per poi tuffarsi nei Mondiali ovvero negli Europei di turno con tanto di tabellini dall’aspetto quasi maniacale.
Ho appena accennato a quello “stop” che mi sono tirato dietro per qualche anno per poi riprendere l’attività circa 4 – 5 anni fa scoprendo che il mondo verde era, almeno in parte, un po’ cambiato.
Mi sono reso conto che, accanto all’Old Subbuteo, era apparso sulla scena un nuovo attore, il Calcio Tavolo e, ad essere sincero, ho cominciato a pensare a quest’ultimo come all’anti Cristo. Basi piatte, velocità folle, niente girelli, reti fatte lanciando il giocatore dalla propria area di rigore; la prima reazione è stata: “eretici, voglio portare indietro il tempo”.
Poi mi sono reso conto di un’altra cosa, in apparenza inconcepibile: esiste una Federazione Ufficiale (FISCT) che non nomina il Subbuteo, poi una Lega (OPES) che lo nomina che viene vista come un pericoloso antagonista, poi resiste il mondo dell’Old Subbuteo che viene quasi visto come un mondo di alchimisti chiusi in se stessi intenti a preparare chissà quali pozioni magiche.
Bene, in realtà, continuo a credere (non me ne vogliano i progressisti) che il mio mondo sia quello del Subbuteo, quello della basi basculanti forse perché è quello che ha popolato le mie giornate di bambino.
Qualcuno potrebbe dirmi che anche il Subbuteo doveva evolversi per attrarre le nuove generazioni e potrei, in linea di massima, essere anche d’accordo ma quando vedo mio figlio di 8 anni che si danna a giocare con le mie vecchie LW penso che non ci si debba porre limiti, anche da parte mia.
Uscendo da uno stile sognante, e magari anche retrò per qualcuno, devo però dire che non bisognerebbe cadere nella trappola delle divisioni; da medico che dedica molto del suo tempo alla ricerca ed alle pubblicazioni scientifiche, ho assistito a fin troppe divisioni che hanno portato le Società Scientifiche a contare sempre meno.
Il nostro è un hobby che però muove i suoi interessi, magari piccoli, e che per questo può essere vittima di alcuni personalismi. In realtà, credo, che il superamento di certe divisioni, vedi soprattutto l’old e il new, possa giovare a tutto il movimento.
La mia più grande ambizione, da giocatore modesto ma grande appassionato e discreto collezionista, è quella di poter vedere e partecipare ad un grande evento che metta tutti insieme (tesserati FISCT, tesserati OPES, amanti dell’Old Style come il sottoscritto) anche allo scopo di trasmettere un grande messaggio alle generazioni future: riscoprite la socialità, la voglia di stare insieme e, state pur certi, che 22 omini che rincorrono una pallina su un campo verde non fanno la felicità assoluta ma la sanno imitare più che dignitosamente.