16 Agosto
Mannaggia a me e a quando mi vengono in mente certe idee. Sembrava tutto molto più semplice sulla carta. Invece ora sono qui a “scancherare” con sti quattro pezzi di legno.
Nulla da dire sul progetto, sia ben chiaro. Ero partito benissimo. Matita dell’Ikea, righello in plastica blu e foglio a quadretti strappato da un vecchio quaderno di matematica. Altro che AutoCAD! Dopo tutto… che ci voleva? Due misure prese bene. Un po’ di pazienza. Due conti per far coincidere il tutto. Un’oretta di lavoro… Sì, sì… certo, come no… Ormai sono tre giorni che ci sbatto la testa e devo ancora finirla e pitturarla!
Comunque ce la farò. Ce la devo fare.
L’Open di Treviso è sabato 27. Si inizia a squadre poi, la domenica, c’è l’individuale. Devo farcela! Quest’anno vogliamo provare a “salire” in serie C, quindi serve allenamento e serve, ovviamente, una bella valigetta per le squadre. E quale valigetta può essere più bella di quella che ci facciamo con le nostre mani? Non importa se i pezzi li ho tagliati io a mano libera e che li incollerò con il Super Attak, e che dire dell’unico fondo verde che ho trovato, un pezzo di zerbino, o della maniglia da armadio presa al Brico? Tutto bellissimo!
Ho fatto i conti per benino, ci stanno due squadre complete con le riserve e i portierini. Il timer, il portiere, le palline e, naturalmente, il fedele straccio per lucidare. Una bella passata con la bomboletta di nero lucido e via. Pronti a girare per tornei!
Sorrido pensando a chi utilizza le scatolette di plastica per le viti o adatta delle vecchie scatole di cartone o la valigetta per andare a pescare. Sorrido un po’ meno quando penso a quelle belle. Quelle serie. Della misura giusta. Fatte coi materiali giusti e gli attrezzi giusti. Magari dipinte con i colori del club o della squadra del cuore. Col doppio fondo per metterci tutte le squadre che vuoi e la gomma piuma per proteggere gli omini. I miei di omini, invece, devono abituarsi a soffrire, quindi si devono accontentare del ruvido dello zerbino ed io mi accontenterò della soddisfazione di aver costruito la loro casetta da portare in giro e di appoggiarla, con soddisfazione, sul tavolo da gioco, così che tutti la possano vedere e magari chiedermi se l’ho fatta io. E in quel momento, con l’orgoglio del padre timido, risponderò sottovoce di sì.
Ci siamo. Devo solo attaccare la maniglia, poi mi resteranno solo l’allestimento della valigetta e il farmi perdonare da mia moglie per averle portato via un sabato pomeriggio. Ma a Treviso verrà anche lei, un po’ a tifare, un po’ per guardare la città e un po’ per condividere la passione mia e degli altri quattro matti che girano insieme a me.
Magari racconterà con gusto, alle altre mogli, delle ore che ho perso per fare questa benedetta valigetta. Oppure farà finta di nulla sorridendo innocentemente. Comunque, sono soddisfatto. I miei calcoli sono stati sufficientemente precisi.
Omini, paline, portiere, tutto preciso e al suo posto. Anche il timer resta lì, con i listelli di legno che lo circondano come a proteggerlo, ora che è spento, dal tempo che scorre.
Tutto pronto per l’esordio stagionale. Siamo carichi ma, allo stesso tempo, spensierati. Il piacere del viaggio, dello stare insieme, della condivisione. Amicizie vecchie e nuove. Le prese in giro e i discorsi seri, quelli impegnati, sul senso della vita o sulla composizione dei gironi. La sosta all’Autogrill per il caffè e la sigaretta. Le solite litigate alla cassa perché tutti vogliono pagare e poi fuori a fumare, ma veloci che sennò arriviamo in ritardo e io due tiri per scaldarmi li vorrei fare prima di iniziare. Tutti pensiamo al risultato finale. A tutti noi piacerebbe alzare la coppa del primo classificato e ricevere il giusto e meritato applauso, ma sappiamo perfettamente che, per calcolo delle probabilità di certo non è impossibile, ma è decisamente improbabile. Noi ce la metteremo comunque tutta, come sempre, pregustando il goal che faremo e l’urlo di gioia che lo seguirà.
I piccoli riti, il cinque a tutti i compagni, i “pugnetti” bene auguranti, lo sguardo in stile “occhi della tigre” e l’abbraccio a fine partita, qualunque sia il risultato finale. Questo è il nostro mondo anzi il nostro micro mondo. Fatto di piccole grandi cose. Di amicizia, di viaggi, di odori, spesso di piccole soddisfazioni e grandi delusioni, alzatacce e rientri a notte fonda, chilometri, alberghi spettacolari e bettole infami, week-end portati via alla famiglia o al meritato riposo lavorativo, per dare due “schicchere” ad undici omini, sognando grandi imprese, trionfi raccontati da tutte le principali testate sportive e andando a coricarsi poi, stanchi morti, chiedendosi: “Chi me l’ha fatto fare?” – ed è allora che lo sguardo va a cadere laggiù, in fondo alla stanza, dove c’è, scalpitante per essere di nuovo aperta, la nostra inseparabile valigetta.