Capitolo 8
Per molti giocatori di Subbuteo, avere vent’anni corrisponde ad un momento della propria vita dove questo gioco inizia a diventare qualcosa di più di un semplice passatempo. Il lavoro, i primi guadagni, l’indipendenza economica, la macchina, ore ed ore passate a giocare, a fare esperienza e finalmente la possibilità di andare in giro per l’Italia a cercar gloria.
Per Giacinto, visto che vive a Palermo, gli spostamenti sono un problema e lo sono, ovviamente, sia per chi vive in Sicilia che per chi vive in Sardegna. Gli orari, i mezzi di trasporto e i costi sono purtroppo un deterrente per chi vuole praticare un gioco/sport che si sviluppa su tutto lo stivale. Ma lui è determinato e la sua passione per il calcio, trasferita dal padre anche con un nome decisamente importante, è sempre stata uno stimolo.
Purtroppo per il genitore il calcio giocato non lo aveva mai appassionato più di tanto, preferendo gli scacchi e i giochi in scatola. Era un appassionato frequentatore di una piccola ludoteca dove, una sera, era ospite un ragazzo della pianura padana con uno strano telo verde attaccato ad una tavola e degli omini su basi semisferiche.
Gli omini erano divisi in due squadre e, ironia della sorte, replicavano la mitica partita Italia Germania. Per capirci era quella dei mondiali di Città del Messico del 1970 finita 4 a 3 con lo storico commento di Nando Martellini. Così Giacinto, si avvicinò al tavolo ed iniziò a fare domande al “nordico” che, dopo le presentazioni, gli mostrò immediatamente la miniatura numero 3 che rappresenta il capitano di quella nazionale, Giacinto Facchetti. Da quella sera la ludoteca diventò la sede del Subbuteo Club Paneepanelle e punto di riferimento per tanti appassionati di Calcio da Tavolo.
Interminabili partite e tornei domenicali, conditi dallo stare insieme davanti ad una bibita ghiacciata o a dalle mangiate di arancine, hanno portato Giacinto a diventare uno dei primi 6 giocatori siciliani ed un promettente giocatore a livello nazionale, al punto di guadagnarsi la possibilità di disputare i Campionati Italiani Individuali nella categoria Cadetti a Chianciano Terme.
Una qualificazione ovviamente meritata che però mise un po’ in difficoltà lui e la sua famiglia, combattuta dagli ambiti economici e logistici da affrontare. Fortunatamente avevano tre mesi di tempo per prepararsi e Giacinto, che non era mai stato sul continente, non stava nella pelle. Lo attendeva un weekend a contatto con i migliori giocatori d’Italia in una città lontana centinaia di chilometri da casa sua. Quindi sapeva di dover dedicare parecchio tempo agli allenamenti ed ai preparativi per il viaggio, ma sapeva anche di avere un club con una quindicina di persone e tra queste sei nuovi arrivati che stavano ancora decidendo che basi utilizzare.
Non poteva e non voleva trascurarli consapevole che un club non è fatto dai titoli o dai trofei, ma dai suoi frequentatori e che senza gli iscritti si è destinati inesorabilmente alla chiusura. Ma voleva comunque fare bella figura e dare un senso al tempo e ai soldi che doveva investire, quindi via alla ricerca di un mezzo campo da poter tenere a casa per gli allenamenti.
Una volta trovato, il montaggio sul legno fu semplice così come recuperare una porta e costruirsi una barriera per allenarsi al tiro. Così, tra un allenamento e l’altro, arriva il giorno del torneo e la sua emozione nel trovarsi davanti quei 40 campi perfettamente allineati, fu grandissima ma le sorprese erano appena iniziate.
C’è un campo libero. Giacinto ci posa sopra la sua valigetta e di fianco a lui una voce gli chiede – “Hai voglia di fare due tiri?” – era Efrem, uno dei giocatori più forti del circuito. Ne aveva solo sentito parlare e visto qualche video in rete ed ora era li a fare due tiri con lui, posta in palio, un caffè che a fine partita pagò più che volentieri.
Inizia il torneo e lui, per molti un perfetto sconosciuto, riuscì ad arrivare terzo nel suo girone e a giocarsi i sedicesimi di finale ad eliminazione diretta. Con un ottima prestazione riuscì anche a vincere e ad arrivare agli ottavi dove, purtroppo per lui, si trovò davanti un ragazzo toscano che giocava a mille all’ora. Partita chiusa già nel primo tempo. Il torneo di Giacinto terminò lì.
A quel punto, libero da impegni , vorrebbe guardare il turno successivo ma il responsabile allo sport chiama il suo nome per arbitrare la partita sul campo numero otto. Sono due giocatori dello stesso club. Sono entrambi tesi e Giacinto inizia fin da subito a preoccuparsi di come andrà la partita.
In realtà i due, Sandro e Gianni, sono correttissimi e non parlano mai. A metà primo tempo c’è una difensiva quasi millimetrica da parte di Gianni. Giacinto un po’ titubante, chiama fallo. Gianni esclama “Ci può stare” mente Sandro replica “Neanche per scherzo, è cambio tutta la vita”. I due giocatori si sorridono e Giacinto ha poca scelta se non alzare le braccia in segno di resa. Ha capito che i due avversari non sono solo compagni di club ma anche amici e che la sua presenza è solo formale e nulla di più.
Difatti, dopo pochissimo, si presenta la stessa situazione ma a parti invertite ed il risultato è lo stesso tranne che per l’esito dell’azione, che porta in vantaggio Sandro. Manca un minuto circa alla fine del primo tempo e Giacinto è spettatore di un’azione di Gianni degna di essere fatta vedere a tutti gli appassionati. Quattro tocchi senza mai fermarsi e palla nel sette. Un gran goal.
A bordo campo parte un fragoroso applauso da parte di uno spettatore, mentre un giornalista scatta foto a ripetizione. Fischio finale, c’è da cambiare campo mentre il responsabile allo sport, al microfono, invita tutti ad andare al campo otto per gustarsi una gran partita.
Mentre tutti i giocatori presenti si preoccupano di lucidare i propri omini, lo spettatore si avvicina ed inizia a tempestare di domande Giacinto. “Ma come funziona? Cosa vuol dire back? Perché avevi chiamato fallo? Cosa usate per lucidare le basi?”. Giacinto cerca di rispondere a tutte le curiosità di questo simpatico personaggio ma più gli risponde e più lui continua a fare domande e c’è il secondo tempo da giocare e lui, anche se quella partita specifica sembra non richiederlo, deve comunque arbitrare. Tre due uno… gioco, Giacinto si scusa e con un salto si riavvicina al tavolo dove Gianni è già partito.
Il tempo passa senza grandi emozioni fino all’undicesimo quando Sandro spizza la pallina e spedisce una sua miniatura contro una miniatura di Gianni che però, in quel preciso istante, fa una mossa difensiva con un altro omino che va anch’esso ad impattare contro l’omino in movimento di Sandro. Giacinto si blocca e chiede ai due giocatori di fermare i loro timer.
Un pensiero immediato – “Lo sapevo… il regolamento lo dovevo leggere una volta in più… e questa cavolo di regola che hanno cambiato… mi serve un capoarbitro…” – si gira e si trova davanti il responsabile della Fisct. Richiama la sua attenzione e gli spiega cosa è appena successo, scusandosi subito per non ricordare esattamente la regola.
Qualche secondo per spiegare l’accaduto e farsi dare la giusta interpretazione e ritorna vicino al campo. Con curiosità, ed un pizzico di vergogna, nota che un ragazzino ha già compreso tutto e che anche i due giocatori sanno già che cosa è successo e cosa succederà: fallo per Sandro. Tutto pronto, si batte la punizione e arriva il goal, 2 a 1 a pochi minuti dalla fine.
I due avversari iniziano a giocare in modo leggermente diverso da prima. Gianni inizia a martellare Sandro con azioni veloci e giocando spesso al volo mentre Sandro, quando riesce a recuperare il possesso della pallina, rallenta il gioco per togliere il ritmo all’amico Gianni e Giacinto diventa improvvisamente un semplice spettatore.
Palla circa a metà campo vicinissima alla linea laterale. Gianni sbaglia la difensiva e mette il suo omino nel punto più semplice per far guadagnare la rimessa laterale a Sandro. Giacinto, tornando di nuovo nei panni dell’arbitro, è pronto a chiamare il fuori ma Sandro stupisce tutti e prova un aggancio da posizione quasi impossibile. Giacinto, incredulo, alza lo sguardo giusto in tempo per vedere l’espressione di Gianni verso l’amico, uno sguardo stupito ed arrabbiato allo stesso tempo.
Sandro sorride a mezza bocca mentre Gianni gli chiede se è diventato scemo. La risposta in un primo momento è spiazzante… “se era un altro, forse… con te neanche sotto tortura”. Gianni ha riconquistato la palla ed ha un autostrada davanti a se. Invece di cercare l’ingresso in area per provare il tiro spara una bordata fuori campo.
Qui Giacinto smette praticamente di arbitrare e resta in silenzio fino alla fine della partita. I due giocatori si abbracciano mentre lui guarda il pubblico intorno applaudire per quello che era appena successo.
Perché anche queste cose contano… non solo chi vince o chi perde… non solo i goal all’incrocio o i rasoterra chirurgici… ma anche e soprattutto amicizia e rispetto. Ci saranno occasioni diverse per fare come alcuni top player… ma non oggi… oggi ci si abbraccia e si festeggia a prescindere…
Può o non può diventare abitudine?