“Prima di lasciarvi a questo splendido articolo, permettetemi di presentarvi con immenso piacere e malcelato orgoglio, il primo pezzo di Cesare Natoli scritto per calciotavolo.net. Avere Cesare nella nostra “redazione” (consentitemi l’esagerazione) è per noi un fiore all’occhiello che ci garantisce pezzi di altissima qualità scritti da un grande conoscitore del nostro mondo calciotavolistico e di cultura umanistica di altissimo livello. Grazie a lui e Rosario Ifrigerio il livello della comunicazione di calciotavolo.net raggiunge una nuova dimensione. Grazie a nome mio e di tutto calciotavolo.net” – Maurizio Brillantino
C’era il rischio, diciamocelo.
Si poteva pensare, temere che due anni orribili – in mezzo a tutti gli altri incommensurabili danni che essi hanno provocato – potessero dare il colpo di grazia a un gioco tenuto in piedi dalla passione folle di un manipolo di innamorati del loro hobby preferito.
C’era il rischio e lo si è corso. Ma è stato superato. E il merito è di tutti coloro che ci hanno creduto, di chi ha tenuto duro; di chi, magari, ha utilizzato il subbuteo per contribuire a salvare la socialità, in un momento in cui essa veniva messa a dura prova da lockdown e restrizioni; da una serie di circostanze, insomma, per la quali nessuno era preparato.
Sappiamo tutti che uno dei modi per gestire la ‘distanza’ – nel subbuteo e non solo – è stato quello di rifugiarsi nella comunicazione virtuale. Nei social, nelle piattaforme. Una toppa, certo; a volte salvifica ma pur sempre una toppa.
La comunicazione autentica, infatti, si svolge solo in presenza. Le altre forme ne sono un pallido surrogato; un’alterazione anzi, per certi versi, che presenta un conto salato e da diversi punti di vista. Uno di questi è la mancanza dello sguardo, della pelle, del contatto schiettamente umano.
Un conto salato che in tanti – credo tutti, per un verso o per un altro – abbiamo pagato. Molti rapporti si sono incrinati, nel nostro e in altri microcosmi comunicativi, affossati dalla virtualità e dalla mancanza del chiarimento faccia a faccia. Sicuramente ne sono nati altri, a volte impensati. Dal male può nascere anche il bene, insegna Agostino. O, se preferite, tifo e cigni vengono dallo stesso luogo, come è stato scritto. Fa parte della meravigliosa complessità del reale. Una complessità che va ben oltre le idiote polarizzazioni e i manicheismi à la page verso i quali il tessuto sociale viene spinto sempre di più, inebetito dall’idea che l’Umanità possa essere tranquillamente divisa in buoni e cattivi: una tendenza in atto da anni ma che, con le vicende pandemiche prima e con la guerra alle porte dell’Europa poi, ha conosciuto un’accelerazione tanto preoccupante quanto deprimente.
Ma in ogni caso, per riprendere il filo del discorso, i rapporti incrinati hanno creato sofferenza e malintesi.
Credo, però, che rivedersi in un palazzetto per l’evento più atteso dalla maggior parte dei tesserati (l’attività agonistica era comunque già ripresa con manifestazioni riuscite e partecipate), pur se ancora dietro il fardello delle mascherine, abbia dissolto molte delle incrostazioni che si erano create in questi lunghi, lunghissimi mesi. Ed è di colpo tornata la magia dello scambio, degli abbracci, dei chiarimenti. È stato un ritorno alle Basi, alle nostre miniature. Ma anche alle basi della relazione.
Forse non per tutti e non in tutti i casi, ma sono certo che ciò è avvenuto per molti di noi. Di questo dobbiamo essere grati, credo. Grati agli altri e a noi stessi.
Abbiamo riscoperto la gioia del confronto. Di quello vero. Magari anche del litigio per una chiamata arbitrale sbagliata o per un atteggiamento sportivo non condiviso. Ma vero, autentico.
Ecco, il ricordo principale che mi porto dietro l’andata dei campionati a squadredi San Benedetto del Tronto è questo. E lo considero un piccolo – ma anche un grande – dono. Il dono della relazione. Il dono dello sport.
Una Serena Pasqua a tutti voi.
Cesare Natoli